Troppi indifferenti all’orrore quotidiano

di Paolo Graldi
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Lunedì 19 Settembre 2016, 23:57
Chissà se si sono formati ammirando gli scagnozzi armati, violenti e stolti del clan Savastano, rispecchiandosi nelle sequenze di Gomorra.

Gomorra inteso come gioiello seriale in tv, illustrazione fedele di un mondo di cui ci vergogniamo ma che esiste. Di sicuro hanno divorato la spietata stupidità di quei bulli capaci di uccidere per un'alzata di sopracciglio. Spiegheranno al giudice, al più presto si spera, perché hanno mezzo ammazzato di calci e pugni un uomo che in una carrozza della metropolitana, a piazza Bologna, ha detto loro quel che era evidente e vietato: «Qui non si fuma».
Sì, è bastata questa osservazione tra l'ammonizione e l'invito per scatenare la furia malmostosa di quei due. La ricostruzione dell'accaduto, un mix tra i fotogrammi delle telecamere di servizio e il racconto di alcuni testimoni, ci offre l'esempio di una spudorata efferatezza. L'aggredito, un uomo di 37 anni che accompagnava la madre sessantenne, ha dovuto all'istante fronteggiare quegli energumeni. 

Sbattuto a terra e preso a pedate sul capo, la cicca delle sigarette lanciata addosso in segno di disprezzo e botte anche alla madre che s'era fatta avanti per proteggere i figlio a terra, sanguinante, esanime. Il resto lo raccontano i verbali della polizia che da Porta Pia è subito intervenuta: la ricerca dei due bulli (ma forse c'era un terzo tipo con loro) ha chiuso il cerchio quasi subito. Ed eccoli, Antonio Senneca e Luigi Riccitello, originari della provincia di Caserta cercare di sottrarsi al fermo, divincolandosi dalla stretta degli agenti, calciando la Volante, appesi al ritornello: «Che vulite da noi? Noi non c'entriamo».

Molto, troppo su di giri per non richiedere, all'impronta, accertamenti adeguati. E forse anche un test: alcool o droga? Di certo precedenti penali, rapina e spaccio di sostanze stupefacenti, un curriculum vitae criminale corposo e illuminante. E tuttavia l'episodio va perfino oltre i suoi miserabili protagonisti, segnala un comportamento che calpesta ogni ragionevole dissenso. L'uomo aggredito si è ritrovato al Policlinico Umberto I con il cranio fracassato, fratture che i neurochirurghi hanno cercato di ricomporre e tuttavia resta alto il rischio per la stessa vita. 
Una furia devastante per un banale richiamo al rispetto di una regola che neppure si dovrebbe mettere in discussione riporta a diversi altri episodi della medesima matrice: la violenza cieca, per strada, contro passanti, per un banale diverbio nato dal traffico e peggio per uno sguardo giudicato di traverso, obliquo e offensivo. La stoffa criminale di Senneca e Riccitello rischia di servire per molti abiti in questa città dove è la futilità della violenza che supera la gravità della violenza stessa. La strada diviene un encierro, il rito spavaldo e insensato che precede la corrida e che Pamplona ad ogni 7 di luglio rinnova nella sanguinante follia di sfidare le cornate di tori impazziti. Qualche volta alle parole magari gridate segue il luccicare di una lama di coltello ed è subito la cronaca nera, sfogliando tra i verbali dei pronto soccorso, a registrare l'identità di quegli attori insanguinati dalla propria stupida ferocia. Va forse notato, ancora una volta con rammarico, che nessuno, forse per paura, forse per impotenza, ha saputo o potuto reagire intervenendo per bloccare l'aggressione di quei due forsennati.

Qui non è questione solo di sicurezza, quella indispensabile su altri fronti. Qui è un problema di base, di normale, civile convivenza, di accettazione delle norme elementari. Autisti di autobus presi a cazzotti perché osservano che non si sale sul bus o sulla metro sprovvisti di biglietto: e giù botte. Come ti permetti tu, autista, di dirmi come devo comportarmi. 

È solo un altro dei tanti esempi ricorrenti. Mille segnali che tracciano i confini sempre più vasti di un degrado crescente, che non vede limiti. C'è di che avere paura. C'è, nel tracciare il senso di questi fatti, il connotato di un imbarbarimento che va fermato. La storia di Senneca e Riccitello, le indagini per capire che ci facevano a Roma dove non vivono e dove non hanno neppure un conoscente, devono trovare spazio nel racconto della città e guai se sentissimo la tentazione di archiviarli come ineluttabili, segmenti di vita che sfiorano la normalità. 

La prontezza degli agenti di Porta Pia ha saputo chiudere la fase calda dell'episodio e di aprire quella del giudizio penale. La città, in attesa di verdetti, ha già emesso il suo racchiuso in una sillaba. No, detto e quasi gridato. Mentre dal Campidoglio, dove siede il nuovo sindaco, ci raggiunge un raggelante silenzio che non ci lascia per niente sereni. Anche le parole non dette, a volte, sono pietre.
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