«Rileggetevi quello che ho detto all'inaugurazione dell'anno giudiziario» risponde invece alla stessa sollecitazione il primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone, che in quella sede lanciò un forte allarme sul femminicidio, «indice della persistente situazione di vulnerabilità della donna e di una tendenza a risolvere la crisi dei rapporti interpersonali attraverso la violenza».
Dall'inizio del 2018 ad oggi sono state uccise 25 donne (il 38% del totale delle 66 vittime) e, di queste, dieci - ossia il 40% di tutte le vittime di sesso femminile in questi primi due mesi e mezzo dell'anno - rientrano nell'ambito del femminicidio. Sono i dati aggiornati ad oggi del Servizio centrale anticrimine della Polizia, che analizza e monitora costantemente lo sviluppo del fenomeno.
In 9 dei dieci casi considerati come femminicidio, il presunto autore era una persona legata alla vittima da un rapporto di convivenza o ex convivenza, mentre in 4 casi su 10 l'autore o si è suicidato o ha tentato il suicidio.
Solo in un caso il presunto responsabile è invece un soggetto che aspirava ad una relazione ma era stato rifiutato dalla vittima (ed è il caso di Jessica Faoro). Il numero degli omicidi di donne, spiegano gli esperti della Polizia, è più alto di quello dei femminicidi perché in questa categoria rientrano solo le uccisioni di donne avvenute in ambito familiare affettivo proprio in ragione del genere, come atto criminale estremo di supremazia/possesso dell'uomo sulla donna.
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