Giustizia negata/L’arma spuntata non garantisce il diritto all’oblio

di Carlo Nordio
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Giovedì 15 Settembre 2016, 00:07
Quando Julius Robert Oppenheimer, padre della bomba atomica, ne vide gli effetti sul campo, pronunziò le famose parole: «I fisici hanno conosciuto il peccato». Si pentì per due ragioni: la prima, perché aveva creato un mostro spaventoso; la seconda perché sapeva che quel mostro non si poteva sopprimere, nella scienza quel che è fatto è fatto e indietro non si torna.
Edward Teller, padre della bomba all’idrogeno, invece non si pentì mai. Al contrario, sostenne che, per quanto molto più rovinoso di quello di Hiroshima, l’impiego dell’ordigno era pur sempre soggetto alle decisioni dell’uomo. E che, proprio per la sua potenza distruttiva, esso avrebbe evitato almeno altre guerre mondiali. Finora la storia gli ha dato ragione.
L’uso sciagurato dei social network e dei motori di ricerca, che ha portato al suicidio la povera Tiziana Cantone, riassume, nella sua drammaticità, le posizioni apparentemente contraddittorie dei due illustri scienziati. È infatti vero che quando l’applicazione tecnologica di un’invenzione o di una scoperta diventa possibile, non si può più far finta che non ci sia. 

Ma è anche vero che scienza e tecnologia non marciano da sole: è la volontà dell’uomo a guidarle e renderle efficaci. Infatti la bomba H esiste, ma non è mai stata usata.
Il problema vero delle applicazioni tecnologiche è che corrono a velocità molto più rapida della percezione che abbiamo dei loro danni collaterali: quando ne cogliamo gli effetti perversi, siamo già in ritardo. Questo vale nella biologia, nella genetica, e per quanto ci riguarda ora, nell’informatica. Perché gli indiscutibili vantaggi della globalizzazione delle comunicazioni ha portato, e porterà, altrettante distorsioni pericolose. «Ubi commoda ibi incommoda», dicevano i romani (dove ci sono vantaggi ci sono anche svantaggi). E nel caso di Tiziana Cantone gli incommoda sono stati funesti. 

La povera ragazza, in realtà, ha fatto quello che, per gioco o per malizia, fanno milioni di giovani quando filmano le proprie intimità. Alcuni, incautamente, rischiano la galera: infatti non sanno che puoi far sesso con un minorenne consenziente, ma se lo fotografi finisci in manette per produzione di materiale pedopornografico. Altri invece, senza commettere reati così gravi, pregiudicano la serenità e la salute del (della) partner, affidandone l’immagine, per i prossimi decenni, alla pubblica morbosità. Tiziana Cantone ha scherzato con l’ordigno micidiale, e questo le è scoppiato in mano. Se non interverrà qualcosa sarà una strage, perché il fenomeno, e lo diciamo da esperti del settore, è molto più diffuso di quanto si creda.

La tragedia è che uno strumento normativo per impedire queste devastazioni non esiste, e se esiste è un’arma spuntata. Proprio perché la tecnologia anticipa sempre l’intervento del legislatore, non c’è attualmente alcuna possibilità concreta di impedire che un filmino, per quanto scellerato, finisca su un sito, e quindi diventi accessibile a tutti. Le Procure hanno già difficoltà a oscurare siti filoterroristici o pedopornografici. Per tutti gli altri l’impresa è scoraggiata dalle legislazioni dei Paesi dove operano i server, e soprattutto dal fatto che, una volta soppresso in un sito, il clip riappare da un’altra parte. È un classico caso in cui la tecnologia, come la virtù degli stoici, trova in sé stessa la sua giustificazione. C’è perché c’è. E noi siamo disarmati.

In realtà, come diceva Teller, il rimedio ci sarebbe. Come la bomba H, anche la rete web è opera dell’uomo, e può benissimo essere controllata, limitata e anche ingabbiata. Basta saperlo fare, e soprattutto bisogna volerlo. Come? Con un’azione concertata a livello globale per individuare i server, vincolarli a obblighi rigorosi, e sanzionarli con estrema severità se contravvengono alle regole. Tutto questo, naturalmente, richiede un impegno governativo condiviso, disposto a infrangere il tabù della libertà di espressione – che in questi casi non c’entra nulla - e soprattutto i giganteschi interessi sottostanti. L’esempio di Tiziana Cantone, e di altre centinaia di vittime di persecuzioni, bullismo, maldicenze e cattiverie, dovrebbe ammonirci che il tempo è già scaduto.
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