Gianni Borgna, l'intellettuale ​che diede luce a un'altra Roma

Gianni Borgna
di Rita Sala
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Venerdì 21 Febbraio 2014, 11:46 - Ultimo aggiornamento: 16:43
​Se mi guardo indietro, il lavoro che sono riuscito a fare a Roma e per Roma da assessore non pu dispiacermi. Quando cominciai, la citt era spenta, culturalmente in declino, una tabula rasa dopo i colpi di Tangentopoli che avevano spazzato via ogni tipo di continuità amministrativa. Ricordo di essermi rimboccato le maniche pensando: è tutto da ricostruire. Non pensai alla Sinistra o alla Destra, ma allo spirito di servizio che mi ha sempre animato».

Gianni Borgna, intellettuale, scrittore, critico e militante del Pci, scomparso ieri a Roma ad appena 66 anni, si è disegnato così durante una conversazione amichevole che voleva ripercorrere i suoi 13 anni di assessore alla Cultura nella Capitale, dal 1993 al 2006. Periodo d’oro, quello. Un’altra Roma, felix e con un orizzonte. Non la città grigia e avvitata su stessa che conosciamo oggi, irriconoscibile a chi l’ha amata nella sua versione migliore. Una Capitale dove a volte gli interpreti sono gli stessi ma nella loro versione decadente.

Vide la città rifiorire e animarsi di mille iniziative, ma soprattutto di un inestimabile spirito vitale che andava verso le strutture, oltre l’Effimero nicoliniano. È stato “padre”, non a caso, delle Case per le varie arti, del potenziamento del circuito delle Biblioteche, del Parco della Musica.

«La mia vita è stata interessantissima, ma anche gravosa. Orari impossibili, perché ho cercato di essere presente ad ogni appuntamento, e ho fatto notte fonda con gli artisti, ma alzandomi presto la mattina successiva. Stress fisico e mentale, a pacchi». E aggiungeva, Gianni, pur senza calcare la mano, un piccolo/grande elenco di delusioni: il mancato approdo in Parlamento («Mi sembrava lo sbocco naturale della mia vocazione antica, autentica, la buona politica») e, proprio ultimamente, l’affronto di vedersi contestato come possibile presidente del Teatro di Roma, dopo essere stato pregato dal Campidoglio di accettare l’incarico («Io non ho chiesto nulla. Non ambisco a poltrone. Mi hanno cercato, pregato e ripregato. Poi, una volta ottenuta la disponibilità, gli attacchi: mi hanno paragonato a un presidente da Prima Repubblica. Non mi ha difeso nessuno, neanche a sinistra. Solo dichiarazioni isolate e tardive»).

Ma Borgna non si è mai adagiato sul lamento. Era troppo goloso di vita. come l’amico Pier Paolo Pasolini, per perdere tempo a sfogliare i rimpianti.



SCRITTURA E ARTE

Il suo nutrimento, parallelamente alla vita politica, erano la scrittura, la musica, i film, il teatro, l’insegnamento. Di formazione classica (era uno del liceo Mamiani), si laureò in Filosofia alla Sapienza di Roma, la città in cui era nato nel 1947. La stessa Sapienza lo volle più tardi come docente di Storia e Critica del Film. È stato anche titolare della cattedra di Sociologia della Musica presso la facoltà di Lettere dell’Università romana di Tor Vergata. Per dieci anni consigliere regionale del Lazio (dal 1975 al 1985), ha anche presieduto la commissione Cultura. Dal 1988 al 1992 consigliere della Biennale di Venezia, passò l’anno successivo all’assessorato alla Cultura della Capitale, prima con Francesco Rutelli sindaco e poi con Walter Veltroni. Nel dicembre 2006 fu nominato presidente della Fondazione Musica per Roma, succedendo a Goffredo Bettini, grande amico di sempre e sodàle nel Pci.



PROFONDE PASSIONI

Flemmatico, metodico, raziocinante, in realtà Borgna era uomo di profonde passioni. A Pasolini ha dedicato, con impeto e scienza, il libro Una lunga incomprensione. Pasolini fra destra e sinistra, scritto con Adalberto Baldoni. E ha amato a tal punto la musica popolare italiana da riuscire a sdoganare, presso la schizzinosa élite di sinistra, il Festival di Sanremo. Il suo libro La grande evasione. Storia del Festival di San Remo - 30 anni di costume italiano (1980) è ormai un classico. E ci sono anche Storia della canzone italiana e L’Italia a Sanremo: cinquant’anni di canzoni, cinquant’anni della nostra storia. Con il linguista Luca Serianni ha invece pubblicato La lingua cantata. L'italiano nella canzone d'autore dagli anni trenta a oggi. Del 2005 il saggio Gino Paoli. Una lunga storia d'amore; del 2008, Capitale della cultura. Quindici anni di politiche a Roma. Ultimamente aveva scritto un toccante testo teatrale, Una giovinezza enormemente giovane, ancora su Pasolini, andato in scena con grande successo per la regia di Antonio Calenda e l’interpretazione di Roberto Herlitzka.

Se n’è andato, Gianni, nei giorni di Sanremo. Ultimamente non parlava del Festival, né di pop music. Stava scrivendo una nuova pièce per la scena, questo sì. E si rammaricava di quanto deboli, a volte sfiatate, siano oggi le battaglie per la cultura. Nella voce continuava comunque ad avere l’energia e la voglia di costruire che sono state il suo segno distintivo. Il saluto più vero, tra quelli che gli sono stati rivolti, suona così: «Se ne va un utopista, un poeta, un uomo onesto».
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