Genova, Rasero condannato a 26 anni per la morte del bambino

Genova, Rasero condannato a 26 anni per la morte del bambino
di Claudia Guasco
5 Minuti di Lettura
Martedì 1 Marzo 2016, 19:07 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 14:45
I giudici stanno per ritirarsi in camera di consiglio e Giovanni Rasero prende la parola per dichiarare, ancora una volta, la sua innocenza: «Sono padre anch’io. Non avrei mai assunto cocaina davanti a un bambino e non avrei potuto mai fargli del male». Il piccolo si chiamava Alessandro Mathas, 8 mesi, morto per le botte e le sevizie in un residence di Genova tra il 15 e il 16 marzo 2010 dopo una notte a base di cocaina e hashish consumata da Rasero con la mamma del bimbo, Katerina Mathas. Per quell’omicidio feroce il sostituto procuratore generale Maria Vulpio ha chiesto l’ergastolo, la Corte d’Assise d’Appello lo ha condannato a 26 anni di carcere. «Ho sempre parlato della mia debolezza, ovvero l’uso della cocaina - ha detto Rasero in aula - ma non ho mai perso la lucidità usandola a tal punto da poter far male a qualcuno, tanto meno a un bambino. Finché avrò anche solo un filo di voce lo userò per dire che sono innocente».

«I GIUDICI FANNO CIO’ CHE VOGLIONO»
Rasero si è presentato in aula a quasi quattro anni dalla sentenza della Corte d’Appello di Genova che lo ha assolto, ribaltando così il verdetto di condanna a 27 anni del processo di primo grado del 2012. Un anno fa però la Cassazione ha annullato l’assoluzione, rinviando il procedimento ai giudici  di Milano che ora hanno emesso il loro verdetto: è stato lui, quella fatidica notte di marzo, a uccidere il piccolo Alessandro, esasperato dai pianti disperati del bambino e lasciato solo con il piccolo da Katerina Mathas uscita dal residence di via delle Palme per andare a comprare un’altra dose di droga nel centro storico di Genova. «Sono sereno, ho la coscienza a posto», si è sfogato Rasero dopo la lettura della sentenza. «Naturalmente speravo di essere assolto e pur di dimostrare la mia innocenza arriverò fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo».

L’ex broker si sente vittima di un’ingiustizia: «Con questo ho affrontato quattro processi, mentre lei dopo mezzo processo è già uscita. Allora ha ragione Berlusconi quando dice che i giudici fanno quello che vogliono». La «lei» contro cui punta il dito Rasero è Katerina Mathas, assolta dall’accusa di omicidio e condannata a quattro anni per abbandono di minore, pena che sconta ai domiciliari nella sua casa sulle alture di Arenzano dove vive con il nuovo compagno, dal quale un anno fa ha avuto una bimba. Giovanni e Katerina sono uno contro l’altro da quella mattina di sei anni fa, quando portano all’ospedale Gaslini il piccolo Alessandro: ha due fratture al cranio, lividi, una bruciatura di sigaretta sull’orecchio e un morso sul piedino.

Le due versioni su ciò che è accaduto sono opposte. Katerina racconta di aver dormito con Antonio, mentre Alessandro riposava sul divano: «Ci siamo svegliati e lo abbiamo trovato così». La donna ha 26 anni, un diploma al liceo linguistico, qualche lavoro saltuario e il figlio è nato dalla relazione con un uomo sposato e padre di due bimbi, che non l’ha riconosciuto. Antonio - 29 anni, due figli, professione broker - sostiene di aver visto l’amante «scuotere» Alessandro, lei dice di non aver mai fatto nulla di tutto ciò. Le telecamere la riprendono mentre esce dal residence a notte fonda per andare ad acquistare la droga ed è in questo lasso di tempo, secondo l’accusa, che Rasero ha ucciso il bambino.

L’ORA DELLA MORTE
Ma per il suo difensore Luigi Chiappero le tante bugie che avrebbe raccontato sono state semplicemente una reazione all’incalzare dei magistrati nei suoi confronti: «Dopo aver detto la verità, nessuno gli ha creduto e Rasero ha dovuto rincorrere la Procura per ottenere qualche facilitazione», come la fine della carcerazione preventiva.
Per il legale la morte di Alessandro è avvenuta tra le 23.30 e le 3.30, un range ben più ampio di quello ricostruito dall’accusa e compatibile con la presenza nella casa di Katerina Mathas. «Rasero è una persona incapace di fare del male a qualcuno - sostiene l’avvocato Chiappero - La madre di Alessandro, invece, aveva un umore molto instabile, probabilmente a causa dell’uso di cocaina. Proprio la notte dell’omicidio ha avuto un crescendo parossistico di nervosismo segnalato dalle incessanti chiamate al cellulare. Che ad un certo punto ha anche lanciato contro la finestra». Rasero farà ricorso in Cassazione, «sperando di ribaltare il giudizio di oggi».


Ora la Mathas è in detenzione domiciliare e vive ad Arenzano, nel ponente ligure, insieme al compagno con cui ha avuto una bimba che ha appena un anno. Da quella notte del marzo 2010 sono passati sei anni e ancora non c'è una verità per la morte del piccolo Ale, vittima innocente che, forse piangeva perchè non mangiava da diverse ore. Nel residence di Nervi il piccolo era rimasto per oltre un'ora insieme a Rasero mentre la mamma era fuori, a cercare cocaina.

La donna riferì agli inquirenti che al suo ritorno il piccolo era sul divano del residence e poi lei si addormentò. Solo al mattino dopo il bimbo fu portato al Gaslini ma ormai non c'era più nulla da fare. In seguito Katerina restò in prigione per alcuni giorni ma poi venne scarcerata mentre Rasero restò in carcere fino all'assoluzione della corte d'assise d'appello.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA