Mose, Galan chiede di patteggiare pena di quasi 3 anni e di restituire 2,6 milioni: vicini i domiciliari

Mose, Galan chiede di patteggiare pena di quasi 3 anni e di restituire 2,6 milioni: vicini i domiciliari
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 8 Ottobre 2014, 17:16 - Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 17:23
I legali di Giancarlo Galan hanno chiesto il patteggiamento a 2 anni e 10 mesi di reclusione e una confisca per 2,6 milioni di euro. L'istanza è stata presentata alla procura di Venezia. I difensori hanno inoltre chiesto i domiciliari per l'ex governatore veneto. Proposta accolta dalla procura e inviata al Gip per la decisione. Per la Procura della Repubblica, di Venezia che ha accolto la richiesta di Galan, l'ipotesi di pena è congrua. «La sanzione complessiva risponde infatti - secondo il Procuratore Luigi Delpino e il procuratore aggiunto Carlo Nordio - al fondamentale criterio di rieducazione contenuto nell'Art. 27 della Costituzione, e ai criteri di ragionevolezza ed economia processuale che hanno ispirato il legislatore a introdurre l'istituto del patteggiamento».



Per l'inchiesta Mose sono una ventina i patteggiamenti attesi per il 16 ottobre, sul totale di 35 indagati. Uno solo finora è stato respinto, quello dell'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (pena incongrua), il primo a chiederlo dopo che era stato ai domiciliari per finanziamento illecito dei partiti.



L'ex ministro di Forza Italia è detenuto nel centro medico del carcere di Opera dal 22 luglio. Ma i suoi problemi clinici - fu ricoverato per una tromboflebite dopo una frattura e altri scompensi cardiaci - sono ormai risolti. I medici hanno dato il benestare al rientro nel normale circuito penitenziario. Il rischio per l'ex Doge era di finire in una cella normale. La Procura, inoltre, era pronta a chiedere per lui il processo immediato, saltando l'udienza preliminare che avrebbe bloccato la scadenza (21 ottobre) dei termini di custodia cautelare.



Sulla 'mossa' del patteggiamento pesa il passo fatto due giorni fa da un altro uomo chiave nell'inchiesta: il commercialista di fiducia di Galan, Paolo Venuti, che dopo le ammissioni fatte ai pm ha lasciato il carcere, dov'era dal 4 giugno scorso, ottenendo l'ok al patteggiamento. Venuti avrebbe ammesso d'essere stato il prestanome del 'Doge' per alcune operazioni finanziarie in Italia e all'estero nelle quali, secondo la procura, sarebbero nascosti i soldi dell'affaire Mose.



La svolta di Galan, con la richiesta degli avvocati Antonio Franchini e Niccolò Ghedini, è stata comunicata dall'ufficio giudiziario veneziano con una nota del procuratore Luigi Delpino e dell'aggiunto Carlo Nordio. Nell'inoltrarla al gip i due hanno espresso «parere favorevole in ragione della congruità della pena, della carcerazione preventiva già sofferta e del suo proseguimento domiciliare».



Finora ufficio dei gip e pm hanno sempre lavorato in piena sintonia di vedute. Chi ha parlato e ha fatto ammissioni è stato ammesso al patteggiamento, uscendo dal carcere. In cella, oltre a Galan, resta solo il suo ex braccio destro in Regione, l'assessore Renato Chisso - coinvolto tra l'altro nella nuova inchiesta aperta ieri a Venezia su politica e malaffare per illecita gestione di fondi pubblici - Chisso finora non ha ammesso alcunchè. Sarà interrogato nuovamente domani nel carcere di Pisa.



Dopo la svolta di Galan, potrebbe cambiare anche la sua linea di difesa. Un Giancarlo Galan che esce di scena con due anni e 10 mesi di pena può tuttavia non essere una 'sconfitta' per la difesa dell'ex governatore. Rispetto alla montagna di contestazioni su cui la Procura appoggiava l'accusa di corruzione, per denaro versatogli da Giovanni Mazzacurati e Piergiorgio Baita, i legali avevano battuto un colpo a loro favore quando il Riesame - pur bocciando il ricorso per la remissione in libertà - aveva tolto di dosso al politico un bel pò di zavorra.



Era stata infatti annullata parte dell'ordinanza del gip per i fatti riferiti al periodo antecedente il 22 luglio 2008, ed erano così 'cadui'ì, perchè prescritti, i reati relativi ai finanziamenti illeciti per le campagne elettorali, così come la mazzetta da 200mila euro versata nel 2005 all'hotel Santa Chiara a Venezia, e anche i 'finanziamenti' per la ristrutturazione di Villa Rodella.
A conti fatti, insomma, un patteggiamento a poco meno di tre anni può essere una decorosa uscita di scena per l'indagato di maggior spicco dell'inchiesta Mose.
© RIPRODUZIONE RISERVATA