C'è anche Cosa nostra sullo sfondo dell'indagine. Tra le persone coinvolte anche Giovanni Tantillo, legato ad ambienti mafiosi del clan palermitano di Borgo Vecchio. Gli inquirenti, inoltre, stanno cercando di chiarire a che titolo alcuni componenti della banda versassero denaro regolarmente alla famiglia Tantillo. L'indagine dei carabinieri nasce dalle dichiarazioni della convivente di un collaboratore di giustizia. Patrizia Ribaudo, questo il nome della donna, ha raccontato agli inquirenti di aver trovato in un armadio, nella casa messa a disposizione dal padre di sua figlia, Giovanni Tantillo, e da Giuseppe Cinà, un maxi archivio con centinaia di pratiche di invalidità. Secondo quanto accertato dai carabinieri la donna chiedeva denaro ai due per tacere sulla scoperta: per questo la procura le ha contestato la tentata estorsione. Ribaudo si trova ai domiciliari. L'indagine è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Dino Petralia e dai pm Roberto Tartaglia e Anna Maria Picozzi.
Sono sei le persone arrestate; per altri otto è scattato invece l'obbligo di presentarsi alla Polizia Giudiziaria.
In carcere sono finiti Giuseppe Cinà, 61 anni, Nicola Cipolla, di 63, e Giovanni Tantillo, di 41; ai domiciliari Alina Nicoleta Carmaz, 31 anni, Silvana Giordano, di 51, Paola Pipitone, di 31. Le altre otto misure cautelari riguardano Vito Salvatore Abbate 50 anni, Antonina Buonafortuna, di 63, Maria Citarrella, di 57, Salvatore Di Nuovo, di 32, Loreta Giammona, di 57, Maddalena Marano, di 49, Paolo Meli, di 55, Giuseppe Mignosi, di 40, Giovanna Naccari, di 68, Pietro Sanfilippo, di 61, Deborah Serpa, di 36, Andrea Tantillo, di 43.
«Non voglio più lavorare, lo Stato mi deve campare, io voglio la pensione». Così uno dei personaggi indagati diceva non sapendo di essere intercettato. Dalle intercettazioni viene fuori il compiacimento degli indagati: Giuseppe Cinà e Giovanni Tantillo, già arrestati con le stesse accuse nel 2007, commentavano, dopo aver richiesto nuovamente la pensione di invalidità, «più di togliercela non possono fare... e noi la prendiamo nuovamente». E sempre Cinà parlando con una falda invalida, Silvana Giordano, diceva: «Puoi stare tranquilla, io te la faccio pigliare di nuovo. Vinciamo noi, non loro e gli rompiamo il culo di nuovo allo Stato».
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