Agrigento, estorsioni, voti di scambio e racket dei migranti, blitz antimafia con 56 arresti: c'è anche un sindaco

Agrigento, estorsioni, voti di scambio e racket dei migranti, blitz antimafia con 56 arresti: c'è anche un sindaco
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Lunedì 22 Gennaio 2018, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 20:02

Èin corso dall'alba di oggi una maxioperazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento che hanno eseguito 56 ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti «dei vertici dei mandamenti e delle famiglie mafiose di Cosa Nostra agrigentina». In manette anche il sindaco di San Biagio Platani, Santino Sabella, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. L'imponente blitz, ordinato nella notte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo con il nome in codice «Operazione Montagna», è stato eseguito da 400 militari, supportati da un elicottero, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Sicilia e da unità cinofile. L'operazione ha di fatto disarticolato i mandamenti di Santa Elisabetta e Sciacca e sedici famiglie mafiose della provincia. «Documentati stretti collegamenti con i vertici delle cosche di quasi tutta la Sicilia e con le 'ndrine calabresi - dicono gli inquirenti - Accertate anche estorsioni ai danni di 27 aziende ed un fiorente traffico di droga. Sequestrate sette società. Decine di perquisizioni sono ancora in corso. I particolari dell'operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà, alle ore 11.30, presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, alla presenza del Procuratore della Repubblica, Francesco Lo Voi e del Procuratore Aggiunto, Paolo Guido.
 



I boss mafiosi dell'agrigentino avrebbero raccolto voti per una candidata alle amministrative a Cammarata del maggio 2015 in cambio di favori per una fornitura di caffè. È quanto emerge dall'operazione antimafia “Montagna che all'alba di oggi ha portato all'arresto di 56 persone. In particolare, secondo il gip del Tribunale, che ha firmato l'ordinanza, due degli arrestati Calogerino Giambrone e Pietro Stefano Reina, avrebbero concluso un accordo per raccogliere voti per la moglie di Reina, Giovanna Bonaccolta, candidata a Cammarata. Per il gip, Reina avrebbe ottenuto da Giambrone, esponente della famiglia mafiosa di Cammarata e San Giovanni Gemini, «la promessa di procurare voti per la stessa Bonaccolta, in cambio della promessa di erogazione di altra utilità», e «segnatamente - dice il gip - della intermediazione nella stipula di un contratto di fornitura caffè da parte di Vincenzo Bonaccolta, fratello della candidata, titolare dell'area di servizio Motel San Pietro, in favore di Vincenzo Mangiapane, cognato di Giambrone» e «comunque della promessa di altre utilità dopo la avvenuta elezione della moglie».

Ci sono anche due associazioni che gestiscono l'accoglienza di migranti nel lungo elenco delle vittime del racket delle cosche agrigentine scoperto dalla Dda di Palermo. Si tratta della Omnia Academy di Favara e della società cooperativa San Francesco di Agrigento. Le indagini dei carabinieri, che oggi hanno arrestato 56 presunti mafiosi della provincia, hanno accertato che nel mirino delle estorsioni era finita anche una piccola organizzazione, costretta a pagare il pizzo alla famiglia mafiosa di Cammarata. La Omnia Academy raccoglie 15 extracomunitari richiedenti asilo distribuiti presso diversi enti locali della provincia di Agrigento. Secondo le indagini, della estorsione alla Omnia Academy si erano occupati personalmente i presunti capomafia Calogerino Gambrone e Giuseppe Quaranta, che contattarono il rappresentante della associazione per chiedere un aiuto economico per la famiglia mafiosa.
Dalle indagini è emerso che nella struttura era stata assunta anche la figlia del sindaco di Cammarata, Vito Mangiapane che, secondo i due mafiosi, avrebbe approfittato del suo ruolo per far assumere dall'ente la familiare. Mangiapane non è coinvolto nell'inchiesta. Nel caso della coop San Francesco, invece, secondo le indagini era stato lo stesso responsabile a cercare l'appoggio del boss «per individuare - spiega il gip - un immobile da adibire a centro di accoglienza nell'area compresa tra i comuni di San Giovanni Gemini e Cammarata e successivamente ottenere le relative autorizzazioni comunali dalle amministrazioni locali». Calogerino Gamberone, secondo l'accusa, avrebbe curato la gestione di tutta la parte amministrativa relativa alle autorizzazioni comunali per regolarizzare l'immobile da destinare a centro di accoglienza, «con l'intento di ottenere, quale corrispettivo dell'interessamento, l'assunzione da parte della cooperativa di persone vicine al clan e il pagamento di una somma in denaro da stabilire in percentuale sul numero degli immigrati ospitati nel centro
».

 

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