Sono le conclusioni alle quali è giunta la Sezione disciplinare del Csm che oggi ha condannato Scognamiglio alla sanzione della censura per non aver osservato l'obbligo di astenersi, assolvendola invece dalle accuse di aver violato il dovere di riservatezza e di aver tenuto così anche un comportamento gravemente scorretto nei confronti degli altri componenti del collegio giudicante. La procura generale della Cassazione aveva chiesto la condanna a una sanzione più pesante, la perdita di un anno di anzianità, perchè aveva ritenuto Scognamiglio responsabile anche di aver rivelato al marito, Guglielmo Manna, informazioni che questi avrebbe utilizzato per «accreditare la possibilità di condizionare le decisioni della moglie e dei giudici del tribunale in favore di De Luca».
L'obiettivo finale di Manna- secondo l'impianto originario dell'accusa - era quello di «esercitare, tramite altre persone, pressioni» sul governatore per ottenere l'incarico di vertice nella sanità campana. Nella precedente udienza il sostituto Pg della Cassazione Alfredo Viola aveva definito di «particolare gravità» i fatti contestati al magistrato napoletano «perchè dall'esito delle decisioni della Scognamiglio dipendeva l'eventualità di una nuova chiamata alle urne della popolazione dell'intera Campania».
«Se sono colpevole, lo sono per aver vissuto per venti anni con un uomo che ha tradito la mia fiducia e quella della mia famiglia» si era difesa Scognamiglio spiegando di non essersi astenuta perchè non riteneva concrete le possibilità del marito di ottenere la nomina in Asl.
Il magistrato, che anche oggi era presente in aula, ha ora 60 giorni di tempo dal deposito della sentenza, per impugnarla. Con il marito per la stessa vicenda è imputata per induzione indebita a dare o promettere qualcosa in un procedimento penale in corso a Roma.
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