Colosseo, l’ultimo sfregio con lo spray

di Claudio Strinati
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Martedì 17 Gennaio 2017, 00:05
Il Colosseo sicuro? I fatti di ieri dimostrano che il nostro monumento, il più famoso e presidiato d’Italia, in realtà è in balia di un paradosso burocratico. L’Anfiteatro Flavio ha, in effetti, un ottimo sistema di vigilanza al suo interno, ma all’esterno la situazione non è altrettanto efficace. Il Colosseo giace su un’area comunale.

Va però tenuto conto del fatto che le mura del monumento sono statali. Per cui a questo punto chi dovrebbe punire i vandali? Chi ha imbrattato il pilastro, ha deturpato un monumento dello Stato, ma i piedi dei balordi che mettevano in scena la tragica bravata erano ben piazzati sul territorio comunale.

Ecco allora che siamo di fronte ad un grottesco paradosso burocratico. È ovvio che a noi cittadini tutta questa separazione di competenze tra Stato e Comune non interessa minimamente, ma rivela la sua insidiosità quando un monumento simbolo come il Colosseo viene maltrattato. L’episodio è molto deplorevole, ma rischia di finire in un rimpallo delle competenze. Mette in luce, insomma, un’anomalia: non è concepibile che quest’area sia sottoposta a diverse competenze amministrative.

È come se questi signori idioti avessero voluto dimostrare di avere mano libera in una “zona parcellizzata”. Da un episodio del genere ci dobbiamo tutti rafforzare nel convincimento che l’area archeologica centrale debba essere sotto un’unica responsabilità gestionale, se non altro perché di fronte ad un caso di danneggiamento di questa portata, ci deve essere una persona unica che ne debba rendere conto.

L’auspicio più immediato è che il piano del ministro per i beni culturali Dario Franceschini di creare un parco archeologico del Colosseo possa superare questa dicotomia di responsabilità. Uno dei più gravi limiti delle gestioni parcellizzate è l’intoppo burocratico, che diventa una farsa o tragedia in un caso come quello di ieri. Quindi, prediamo spunto da questo episodio per riflettere su un sistema che non va bene, prima che da questo esempio si inneschi qualche fenomeno di emulazione. La punizione, inoltre, dovrebbe essere all’altezza del danno, esemplare ma anche pragmatica. Qualche idea? Perché non fargli ripulire quel graffito? E magari tutti i graffiti che lordano l’area intorno a piazza del Colosseo.

Una giornata di lavori forzati. A parte le battute, dall’episodio della devastazione della Barcaccia a piazza di Spagna, il reato per il danneggiamento al patrimonio storico artistico deve essere omologato a quello per il danneggiamento sulle persone. Noi predichiamo tanto che il patrimonio italiano faccia parte della nostra cultura come fondamenta della nostra civiltà, e allora il suo danneggiamento deve prevedere una serie di gradi di pene.
Come nei casi di aggressioni alle persone. In queste ore non può che tornare alla mente il tema della protezione dei monumenti attraverso una recinzione. È sempre meglio che il patrimonio sia avvertito come partecipe della vita della città, ma il tema della recinzione è un finto problema. Se ci si rende conto che la recinzione serve perché non ci sono altri modi per salvare il bene, allora si può installare tranquillamente. Vedo uno strano moralismo intorno a questo tema.

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