Colosseo, per la svolta serve un’Authority

di Claudio Strinati
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Domenica 23 Aprile 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 09:26
In una dichiarazione la sindaca Virginia Raggi accusa il Governo di agire in maniera autoritaria senza condivisione con la città di Roma. Il ministro Dario Franceschini replica che tale critica contrasta irragionevolmente la sua riforma. Ci sono delle imprecisioni. La sindaca dichiara di volersi appellare al Tar per cancellare o modificare il decreto ministeriale di istituzione del Parco Archeologico comprendente luoghi cruciali della Roma antica. 

Non può tollerare, afferma, che il Governo faccia calare dall’alto senza concertazione un provvedimento del genere. Il ministro dice che tutto ciò è indispensabile conseguenza delle riforme verso la migliore tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e Roma se ne gioverebbe molto anche sul piano economico.
Ma il punto principale non è questo, perché il problema non è prioritariamente economico ma di amministrazione culturale. Lo Stato è per lo più proprietario di quei beni culturali romani che deve tutelare. Il Colosseo è proprietà dello Stato, il Palatino pure, l’area dei Fori imperiali pure, ma il Foro di Traiano, ad esempio, no. È proprietà del Comune di Roma. Quando gli antichi edificarono questi monumenti e organizzarono la città non potevano prevedere che dal 1861 sarebbe nata una Nazione chiamata Italia, divisa in Enti locali quali Regioni, Provincie e Comuni. Lo Stato detiene il Demanio presso il Ministero dell’Interno, per cui proprietà demaniale vuol dire prioritariamente proprietà statale. Se il ministro Franceschini detta provvedimenti sul Colosseo non deve chiedere permesso al Comune. La Sindaca potrebbe avere dunque qualche torto a rivendicare un diritto di decisione attraverso il Tar. Però la sindaca ha anche un po’ di ragione dal punto di vista della naturale evoluzione della cultura amministrativa nel nostro Paese, mentre il ministro Franceschini ha piena ragione quando rivendica una competenza e una capacità operativa del Ministero da lui diretto in piena legittimità. La sindaca si è seccata molto: ci siamo visto tante volte al Ministero e poi ti fanno piovere un provvedimento sulla testa di questa portata senza consultarci? E che scherziamo? Ha ragione, se le cose sono andate proprio così. Ma credo che si renda ben conto come, istituzionalmente parlando, il ministro ha altrettanta ragione e agisce con sufficiente correttezza e rigore amministrativo.

Dov’è il veleno dell’argomento e la possibile soluzione? Nella elaborazione normativa strettamente collegata a una analisi vera delle problematiche culturali e amministrative. La Sindaca ha ragione su un punto di cui ultimamente si è discusso tanto senza arrivare a una vera conclusione: quando era sindaco Marino, questi di concerto col ministro Franceschini, istituì una commissione di studio per l’area archeologica centrale di Roma.

Emerse che Roma merita un assetto amministrativo nel campo delle Belle Arti nuovo e diverso, non tollerandosi più la distinzione tra aree di proprietà e competenza comunale e aree di proprietà e competenza statale. Il sindaco (ora sindaca) di Roma deve essere investito di una autorità complessiva e largamente esclusiva su questi comparti, ferme restando le antiche e storicizzate differenze di proprietà. Ce ne stanno tante di Authority - che, per carità, funzionano benissimo - ma che non sempre sono così indispensabili alla vita sociale. A Roma occorre, appunto, una Authority delle Belle Arti, composta di funzionari e docenti dello Stato, della Regione e del Comune che, sotto l’autorità del sindaco governino, progettino, e ristrutturino l’ area archeologica centrale, unico caso al mondo di una città antica che sta dentro la città moderna senza soluzione di continuità e senza sostanziali differenze di vita quotidiana e di cultura universale. Ci vuole coraggio, intelligenza e competenza amministrativa per fare questo passo ma finché non si farà, invece di un dibattito di rilevanza mondiale e di suprema dignità dell’onestà del sapere e della rettitudine dell’amministrazione, resteremo al palo.
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