Le garanzie tradite/ Il codice antimafia mostruosità giuridica

di Carlo Nordio
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Mercoledì 27 Settembre 2017, 00:20
Malgrado le diffuse critiche e le generali perplessità, la Camera si avvia ad approvare il cosiddetto codice antimafia nella sua dimensione più larga. Ovverossia introducendo il sequestro preventivo dei beni del presunto corrotto indipendentemente da una sua condanna definitiva. Come abbiamo scritto a suo tempo, si tratterebbe dell’ennesima improvvisazione che, sotto la parvenza di una decretazione solenne, nasconde l’incapacità del legislatore di affrontare strategicamente il problema della corruzione, affidandosi a espedienti di assai incerta efficacia. 

In realtà sembrava che il governo ci volesse ripensare. Ora invece, o per ragioni tecniche e tempistiche, o - più probabilmente - per strizzar l’occhio alle sinistre in vista delle alleanze elettorali, ritorna sui suoi passi e dà il via libera al provvedimento. Il quale, ricordiamolo, non è solo un mostro di inciviltà giuridica, ma anche un arma spuntata che , tra l’altro, attenuerà la lotta alla mafia. 

Primo. La sua mostruosità giuridica deriva dal fatto che il sequestro di beni sulla base di un sospetto è un tale oltraggio alla presunzione di innocenza - e alla logica del nostro codice di procedura penale - che potrebbe essere giustificato soltanto da situazioni eccezionali: come, per l’appunto, l’aggressività economica dell’intimidazione mafiosa violenta e assassina.

Estenderlo ad altre ipotesi, per quanto gravi, significa violare la Costituzione e renderne difficile la definizione applicativa. Secondo. Il fatto che sia un’arma spuntata deriva dalla sua assoluta inidoneità a combattere il dannato maleficio della corruzione. Contro la quale, come ripetiamo da sempre, è già stato scatenato l’intero arsenale sanzionatorio del nostro traballante ordinamento, con l’introduzione di leggi sempre nuove e di pene sempre più alte. Con l’unico risultato che nel frattempo la corruzione è aumentata in quantità e gravità, mentre i pubblici amministratori onesti sono paralizzati dal terrore di incorrere in qualche disgrazia giudiziaria, e firmano sempre meno. Da domani, con la prospettiva di vedersi sequestrare la casa, non firmeranno più niente. Terzo. Questa bella pensata attenuerà la lotta proprio a quella mafia che viene considerata, giustamente, il nemico più agguerrito. Perché? Per la stessa ragione che, annacquando il vino, questo perde di grado. L’eccezionalità di questa norma, infatti, può esser ammessa solo dalla sua applicazione a un fenomeno di mortale pericolo per lo Stato qual è, appunto, ogni organizzazione che operi con il terrore o con l’intimidazione. La sua estensione alla corruzione significa - di fatto - l’equiparazione di quest’ultima all’ Isis e a Cosa Nostra. E poiché non c’è reato grave che non ne evochi uno di peggiore, un domani qualcuno proporrà di allargarla alla pedofilia, alla violenza sulle donne, e, perché no, all’omicidio stradale. 

Concludo. Non sappiamo che sorte avrà questa legge. Pare, e questo sarebbe il paradosso più stravagante, che il governo intenda accompagnarla, o farla seguire, da una sorta di ordine del giorno interpretativo, che ne definirebbe, limitandola, l’estensione. Sarebbe l’ennesimo esempio di un’attitudine ondivaga e scombinata, che ha aumentato la confusione e ridotto la garanzie, sfasciando definitivamente quanto resta del codice del professor Vassalli. Il quale, dall’alto dei cieli, sarà tentato di restituire la sua medaglia di partigiano, visto che questo Stato, che continua a mantenere il codice penale di Mussolini, sta invece violentando la sua creatura in modo autoritario e vergognoso.
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