Charlie, Mariella Enoc: «Sappiamo che non c’è cura ma gli daremo accoglienza e amore»

(Foto Ansa)
di Mauro Evangelisti
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Martedì 4 Luglio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 09:06
Mariella Enoc è la presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù che in queste ore ha contattato la direzione del Great Ormond Street Hospital di Londra per offrire la disponibilità ad ospitare e assistere il piccolo Charlie. Non rischiate di prolungare il dolore di questo bambino?
«Qui parliamo del tema dell’accanimento terapeutico. Dire cosa sia accanimento terapeutico e cosa no è molto difficile. Si guarda a due elementi: non fare soffrire il paziente e non fare cure non più necessarie. In questo caso è difficile dire se il bambino stia soffrendo o no. E comunque non si stanno facendo cure particolari. E’ quella che il cardinale Martini chiamava la zona grigia della vita ed è una decisione molto sofferta, bisogna che i genitori siano informati bene, sappiano tutto e poi decidano tutto con libertà».

Come nasce questa proposta?
«La motivazione ce l’ha data il Santa Padre domenica: ha espresso la vicinanza ai genitori e ha auspicato che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare fino alla fine il proprio bimbo. Noi forti di questa indicazione del Papa, dato che questo è anche il suo ospedale, abbiamo offerto la disponibilità. Ma senza miracolismi o false speranza, con molta realtà e concretezza: se i genitori vogliono portare il bambino qui, possono venire e stare con Charlie. E decideranno loro se staccare la spina, non lasceranno ad altri la decisione. Sappiamo che è incurabile, ma qui riceverà accoglienza e amore».

E’ fattibile dal punto di vista tecnico questo trasferimento?
«Questo lo devono valutare i medici di Londra perché noi non abbiamo in cura il bambino. Quello che posso dire è che, come per tutti i bambini in situazione difficile, spesso possiamo contare sull’aiuto encomiabile dell’Aeronautica. I medici ad esempio sono andati il giorno di Natale in Grecia a prendere un bimbo e lo hanno portato qua dove è stato operato. C’è anche un elicottero che la Santa Sede ha messo a disposizione per tutti i bambini. Voglio ribadire, per tutti i bambini».

Dunque ora tutto dipende dai medici di Londra.
«E dai genitori. Loro sanno che qui Charlie troverà dignità, troverà amore, quello che tanti genitori dei bambini che curiamo dicono di avere trovato al Bambino Gesù. Quello che sta avvenendo a Londra, con l’incertezza, il continuo rinviare la data in cui si deciderà di non assistere più Charlie, lo trovo davvero molto doloroso. Ecco, questo al Bambino Gesù non avverrebbe: i genitori deciderebbero loro, informati di tutto. Se vorranno il bambino resterà qua, con loro vicino. Non è solo una terapia medica, è una terapia dell’amore».

Aiutando il piccolo Charlie, consapevoli che non si possono fare miracoli, non rischiamo di togliere un posto, una possibilità a un altro bambino che al contrario potrebbe salvarsi?
«E’ una domanda che è giusto porsi, ma non toglieremmo mai un posto a un bimbo che avesse la possibilità di salvarsi. L’ospedale ha un tasso di riempimento molto alto, ma anche la nostra attenzione è massima. Stiamo cercando di ampliare questo ospedale per assistere tutti i bambini. Avendo aperto a tutti i bambini del mondo, il problema è divenuto molto grande».

Vi accuseranno di occuparci di Charlie perché ne parlano i media di tutto il mondo.
«No, questa nostra iniziativa non è motivata dal fatto che ora tutti parlano di Charlie. Ci sono tanti altri bambini vicini alla morte che qui sono accuditi e seguiamo ma che non vanno in prima pagina. Questo è un ospedale che ha molta attenzione per le famiglie».

E’ con le famiglie che spesso avviene il dialogo.
«Certo, i medici danno molta importanza al dialogo con i genitori. Un bambino purtroppo a volte non può avere reazioni se in condizioni simili a quelle di Charlie. Il vero interlocutore è la famiglia».

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