I due imputati, secondo i pm, avrebbero distratto o comunque dissipato i beni del patrimonio sociale della Finmavi. Oggetto della vicenda sono una serie di operazioni il cui esito ha determinato il dissesto della società e tra queste finanziamenti alle controllate mai restituiti. Nei confronti del produttore di origini fiorentine il pm Stefano Rocco Fava aveva sollecitato una condanna a 10 anni. Secondo l'impianto accusatorio Finmavi avrebbe erogato negli anni finanziamenti alla Cecchi Gori Holding per 115 milioni, alla Nous per 6 milioni, alla Cecchi Gori Usa per oltre 31 milioni, alla Cecchi Gori Media Holding per quasi 7 milioni, alla Cecchi Gori Pictures per un milione e mezzo, più svariati miliardi di vecchie lire alla società Vip.
Il tribunale, inoltre, ha disposto una seri di confische di beni già posti sotto sequestro tra cui le quote delle società Cecchi Gori Cinema e Spettacoli e Vip 1997. Nel processo è finita anche un'operazione finanziaria culminata nel passaggio del patrimonio immobiliare della Finmavi alla Jonquille, e, infine, più di 200 mila euro posti a carico di Finmavi come spese personali, ristorante, carburanti, fornitori di Palazzo Borghese. La società è stata dichiarata fallita dal tribunale nell'ottobre 2006. Per la vicenda i pm avevano a suo tempo chiesto l'arresto di Cecchi Gori, ma il gip respinse. Il carcere è arrivato invece per il crac Safin (cinema), una vicenda terminata con la condanna in primo grado del febbraio scorso e che ha riguardato altre cinque persone tra cui lo stesso Barone che era stato condannato a cinque anni di reclusione. Oggi il giudice ha respinto la richiesta di provvisionale, mentre otto mesi fa la I sezione penale aveva disposto il pagamento di una provvisionale di 11 milioni e 500 mila euro.
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