Secondo i dati riferiti dall'associazione "Antigone", negli ultimi tre anni sono stati 56 gli agenti che si sono tolti la vita. Sale invece a 50, con il detenuto marocchino che si è impiccato nella sua cella a Terni, il numero dei suicidi tra i reclusi. «Ogni suicidio è sicuramente una storia a sé, un gesto individuale di disperazione - ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - detto questo, ogni suicidio è anche il fallimento di un processo di conoscenza e presa in carico della persona. I suicidi non si prevengono con la sorveglianza asfissiante ma con i colloqui individuali, il sostegno psicosociale, la liberalizzazione delle telefonate, la sorveglianza dinamica, l'umanità del trattamento». Secondo Gonnella «vanno chiusi tutti i reparti di isolamento di fatto o di diritto a partire dal carcere romano di Regina Coeli. Tutti i detenuti devono stare almeno 8 ore fuori dalla cella».
«Siamo convinti - dice ancora - che con la riforma della legge penitenziaria, che speriamo arrivi presto, la vita in carcere potrebbe essere meno dura di quello che è oggi.
E che sia meno dura anche per lo staff penitenziario tutto, ivi compreso il personale di polizia». «Il suicidio di un agente a Tolmezzo, il cinquantaseiesimo negli ultimi tre anni - sottolinea Gonnella - al di là delle motivazioni personali, è un grido di allarme verso le istituzioni. Va assicurato prestigio sociale ed economico a tutti gli operatori penitenziari. E vanno subito assunti giovani direttori, educatori, assistenti sociali e psicologi. In questo modo ci sarà anche meno carico sui poliziotti». 'Antigonè ricorda come il sovraffollamento negli istituti di pena in Italia continua a crescere. A fine novembre i reclusi risultano aver superato quota 58 mila con un affollamento del 115,1%. Nello stesso periodo del 2016 i detenuti erano 4 mila in meno.
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