Eppure il venticinquenne marocchino ce l'aveva quasi fatta. Anzi, nel corso delle indagini affidate alla Procura di Pordenone, è stato appurato che nella Base era già entrato più di una volta e che, quindi, quel badge falso, a nome di un vero soldato dell'Usafe, aveva fatto il suo dovere. Traendo in inganno chi quotidianamente, mitra in mano, giubbotto antiproiettile e casco, controlla quanti entrano: ad ogni ingresso ci sono militari statunitensi e carabinieri, oltre a barriere antisfondamento di cemento e dispositivi in grado di bucare qualsiasi pneumatico. Un limite invalicabile, a meno di non avere in mano un badge falso.
L'indagato - si é saputo - ha reso un ampio interrogatorio sulla vicenda e le sue dichiarazioni hanno trovato conferma negli accertamenti condotti in un mese e mezzo di indagini dai Carabinieri.
Riscontri sono stati cercati anche nel contenuto di computer e cellulare sequestrati nell'abitazione dell'uomo. L'indagine è tuttora in corso ed è diretta anche ad accertare come l'uomo sia entrato in possesso del badge e sia riuscito ad aggirare i controlli. Fra gli elementi da chiarire anche quelli relativi ad eventuali altri ingressi dell'uomo nella base, nella quale é di stanza il 31.mo Fighter Wing con due squadroni di cacciabombardieri F16 ed è una delle più importanti in Europa.
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