Assenteismo al ministero, sei condannati per truffa

Assenteismo al ministero, sei condannati per truffa
di Michela Allegri
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Mercoledì 1 Giugno 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 15:19
Nonostante saltassero regolarmente il lavoro, la loro busta paga non diminuiva di un centesimo. Perché, almeno sulla carta, sei dipendenti del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture di via dell’Arte, all’Eur, risultavano seduti alla scrivania anche quando erano da tutt’altra parte: sgattaiolati fuori dagli uffici di nascosto, dopo aver scavalcato i tornelli di accesso, o utilizzando badge presi in prestito dai colleghi. Per i giudici del tribunale di Roma, si tratta di una truffa a tutti gli effetti, costata agli impiegati infedeli una condanna penale. Tre di loro dovranno scontare un anno di reclusione. Gli altri, sei mesi. Il giudice monocratico di piazzale Clodio ha accolto la richiesta del pubblico ministero d’udienza, Paolo Fuoco, al termine di un dibattimento durato più di due anni. Come si legge nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Francesco Dall’Olio, titolare del fascicolo, gli imputati «con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in concorso tra loro» avrebbero intascato un ingiusto profitto, pari allo stipendio ottenuto «con artifici e raggiri».
 
GLI STRATAGEMMI
Gli escamotage architettati dai dipenditi del Ministero erano variegati. C’era chi utilizzava «impropriamente i badge altrui, talvolta scambiandoseli reciprocamente». Altri, invece usavano senza permesso i tesserini «non nominativi in dotazione all’Ufficio Passi e destinati all’accesso agli utenti». I più atletici scavalcavano senza timore i tornelli d’ingresso e di uscita «installati presso l’edificio situato in via dell’Arte numero 15». I più ingegnosi, attraversavano i dispositivi girevoli «accodandosi all’altrui passaggio». In questo modo, per gli inquirenti, i sei imputati si sarebbero procurati «l’ingiusto profitto della retribuzione per l’attività lavorativa non effettivamente svolta, in danno dello Stato».

L’INCHIESTA
L’inchiesta era scattata nel 2011. Gli assenteisti erano stati denunciati dai loro stessi colleghi, stanchi di vederli percepire uno stipendio pieno pur lavorando a ritmo dimezzato. Dopo la segnalazione, gli inquirenti avevano acquisto i filmati delle telecamere di sorveglianza piazzate nell’atrio del Ministero. Inizialmente, erano stati indagati in 50, ripresi mentre si scambiavano i pass e saltavano i tornelli. Tra posizioni stralciate o archiviate, alla sbarra sono finiti in 13. Per 6 di loro, la Procura ha chiesto e ottenuto la condanna. Uno degli imputati, per esempio, avrebbe utilizzato il badge di una dipendente della banca San Paolo, che è situata nello stesso edificio.

Il trucchetto era semplice ma efficace: l’impiegato entrava al lavoro timbrando il suo cartellino. Poi, abbandonava la postazione, uscendo dalla sede del Ministero attraverso il pass della donna. In meno di due settimane, si legge nelle carte della Procura, si è allontanato dall’ufficio almeno cinque volte. Non è tutto. Dalle indagini è emerso che il pass in questione era stato rubato. L’imputato, quindi, è stato anche accusato di ricettazione. Come si legge negli atti, «al fine di procurarsi un ingiusto profitto riceveva il badge di provenienza delittuosa, utilizzandolo per uscire e rientrare in ufficio durante le ore di lavoro». La socia di una cooperativa con sede in via dell’Arte, ha invece scambiato il badge con quello di sua madre, dipendente del Ministero. Poi, lo ha timbrato al suo posto, «simulando varie volte il tempestivo ingresso al lavoro dell’imputata», prima delle 6,30 del mattino.
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