GLI STRATAGEMMI
Gli escamotage architettati dai dipenditi del Ministero erano variegati. C’era chi utilizzava «impropriamente i badge altrui, talvolta scambiandoseli reciprocamente». Altri, invece usavano senza permesso i tesserini «non nominativi in dotazione all’Ufficio Passi e destinati all’accesso agli utenti». I più atletici scavalcavano senza timore i tornelli d’ingresso e di uscita «installati presso l’edificio situato in via dell’Arte numero 15». I più ingegnosi, attraversavano i dispositivi girevoli «accodandosi all’altrui passaggio». In questo modo, per gli inquirenti, i sei imputati si sarebbero procurati «l’ingiusto profitto della retribuzione per l’attività lavorativa non effettivamente svolta, in danno dello Stato».
L’INCHIESTA
L’inchiesta era scattata nel 2011. Gli assenteisti erano stati denunciati dai loro stessi colleghi, stanchi di vederli percepire uno stipendio pieno pur lavorando a ritmo dimezzato. Dopo la segnalazione, gli inquirenti avevano acquisto i filmati delle telecamere di sorveglianza piazzate nell’atrio del Ministero. Inizialmente, erano stati indagati in 50, ripresi mentre si scambiavano i pass e saltavano i tornelli. Tra posizioni stralciate o archiviate, alla sbarra sono finiti in 13. Per 6 di loro, la Procura ha chiesto e ottenuto la condanna. Uno degli imputati, per esempio, avrebbe utilizzato il badge di una dipendente della banca San Paolo, che è situata nello stesso edificio.
Il trucchetto era semplice ma efficace: l’impiegato entrava al lavoro timbrando il suo cartellino. Poi, abbandonava la postazione, uscendo dalla sede del Ministero attraverso il pass della donna. In meno di due settimane, si legge nelle carte della Procura, si è allontanato dall’ufficio almeno cinque volte. Non è tutto. Dalle indagini è emerso che il pass in questione era stato rubato. L’imputato, quindi, è stato anche accusato di ricettazione. Come si legge negli atti, «al fine di procurarsi un ingiusto profitto riceveva il badge di provenienza delittuosa, utilizzandolo per uscire e rientrare in ufficio durante le ore di lavoro». La socia di una cooperativa con sede in via dell’Arte, ha invece scambiato il badge con quello di sua madre, dipendente del Ministero. Poi, lo ha timbrato al suo posto, «simulando varie volte il tempestivo ingresso al lavoro dell’imputata», prima delle 6,30 del mattino.
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