Terremoto, reportage da Arquata: «Ostaggi di neve e sisma, la nostra vita da incubo»

Terremoto, reportage da Arquata: «Ostaggi di neve e sisma, la nostra vita da incubo»
di Italo Carmignani
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Giovedì 19 Gennaio 2017, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 10:18

dal nostro inviato
ARQUATA
- Quando con la precisione cattiva e taciturna dell'imponderabile, la quarta scossa agita la terra, i sismografi e l'animo di centomila persone, al Centro Italia già in ginocchio per l'inverno dei record, resta una sola possibilità, gridare: «Ormai ci sentiamo senza scampo, ostaggi delle avversità e della solitudine. Il sisma è imprevedibile, ma le nevicate erano annunciate: perché non attrezzarsi per tenere libere le poche strade utilizzabili?», spiega Sante Colapietro, un allevamento nella Valnerina bassa, tra Norcia e Visso, mentre agita le mani al cielo.
 

 

In questa parte d'Italia che si stende da l'Aquila a Spoleto, passando per l'Appennino, la neve ha isolato paesi, fermato treni, interrotto la corrente elettrica, bloccato camion e fatto crollare le tende piazzate chissà perché dopo il terremoto, alla fine di ottobre, immaginando un inverno filippino anziché appena più freddo del solito. Le scosse di ieri, dalla prima delle 10.25 di magnitudo 5.1, a quelle successive della stessa intensità con epicentro Montereale tra Rieti e L'Aquila, hanno finito quanto aveva iniziato il gelo. Tanto che oggi niente scuole perfino a Perugia, lontana dal sisma e dal maltempo, dove però è stata la paura a dominare la città. Ma è un caso limite. Il resto è solo disperazione. E quindi scoppia la protesta dei sindaci.

«IL PROBLEMA NON È IL SISMA
«Come possono venire ad aiutarci se nessuno può passare perché ci sono montagne di neve - chiede Agnese Forti, mamma di due bambini, una casa distrutta sotto Arquata - mi hanno chiamato tante persone che si sono trovate in difficoltà perché nessuno le veniva a prendere». Sergio Pirozzi la racconta così: «Lo voglio dire subito: l'emergenza non è il terremoto, né i danni in zona rossa bensì la neve. Sono mancate le turbine, non bastano gli spazzaneve a disposizione. Ci sono frazioni isolate con due metri di neve».

Fare un elenco delle conseguenze è ancora impossibile perché molti paesi sono ancora senza segnale, senza notizie: a Campotosto de L'Aquila le forti scosse hanno fatto crollare il tetto del Municipio, ma a quaranta chilometri dall'epicentro, lungo la strada per Norcia, il terremoto ha messo in moto i massi e divelto le reti di sicurezza, per fortuna in quel momento non passava nessuno. A Pizzoli, dove la terza scossa ha trovato il suo epicentro, la disperazione ha la voce di Serena Testa, una casa a Marucci: «Ancora non ho saputo niente di mia madre. Subito dopo la scossa la gente si è buttata per strada, ma non sapeva dove andare perché era tutto bloccato dalla neve».

Bloccati sotto un metro e mezzo di ghiaccio, quindici allevatori a Colle di Arquata, tra le montagne, hanno dovuto aspettare il terzo giorno di bufera e il terremoto per essere salvati. Sono quattro le stalle crollate sotto il peso della neve in provincia di Macerata. La conseguenze sono cento animali morti, 600 mucche e 5 mila pecore al freddo. Accusa Sante Porti, un allevatore marchigiano: «Siamo di fronte a cinque mesi di nulla. Abbiamo gridato in tutti i modi che l'inverno qui è duro. E non da quest'anno, quasi sempre. Sante è uno dei tanti allevatori di Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo rimasti assieme al bestiame al freddo nelle stalle sfondate dal ghiaccio e dalle scosse. La Coldiretti non perdona: «È una strage di animali - accusa - con solo il 15% delle strutture di protezione mobili completate da agosto a oggi». La ciliegina l'aggiunge il sindaco di Ussita: «Non si riesce neanche a portare da mangiare agli animali».

VENTIMILA SENZA CORRENTE
L'Italia sotto zero e sotto scacco del sisma urla la sua disperazione. Con ventimila persone senza energia elettrica, i conti di chi soffre non fanno mai pari. Un esempio da Montegallo di Ascoli nel racconto di Sergio Fabiani: «Cinque frazioni sotto 2 metri di neve, trenta persone al freddo perché senza riscaldamento. Possibile non prevederlo? Possibile che la protezione civile arrivi solo quando la situazione precipita?» Nelle Marche è il mare e i suoi alberghi a salvare la situazione: gli sfollati hanno preso la strada intrapresa d'estate. Ma per chi è rimasto tra i monti è durissima. Altri quaranta chilometri e si arriva a Campotosto, comune dell'Aquilano.

LA PROTESTA
A raccontare è Vincenzo Dozzi al telefono perché i soccorsi non sono ancora arrivati: «Abbiamo sentito scosse in continuazione, ma è impossibile uscire: siamo dentro casa e ci sentiamo come topi». A Ortolano è la paura a muovere le persone: un sessantenne in fuga da casa dopo la prima scossa, è finito sotto una slavina insieme al fratello. Quest'ultimo è stato tratto in salvo da altri residenti. E se il fratello si è salvato, lui è dato per disperso. Ma è inutile sperare negli aiuti e nei soccorsi. È notte e Capotosto resta isolato.

Un grido arriva anche dal presidente della Provincia di Teramo Renzo Di Sabatino, «Aiutateci: è notte fonda e ci sono centri isolati per neve e non riusciamo ancora a capire se ci siano o meno danni». I sindaci sono i più esposti alle grida della gente e così hanno deciso di alzare la voce anche loro. «Quando stavamo per dimenticarcene, perché da dieci giorni non sentivamo più niente - spiega il sindaco di Arquata del Tronto Aleandro Petrucci - ecco un'altra mazzata. La situazione è disastrosa». Intanto, nevica ancora. E gli esperti annunciano altre scosse. Ora, invece di gridare, c'è chi prega.

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