Terremoto, Amatrice non c'è più. Si scava con le mani

Terremoto, Amatrice non c'è più. Si scava con le mani
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 25 Agosto 2016, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 15:17
dal nostro inviato
AMATRICE - Un carabiniere tiene in braccio un bambino di cinque anni più disorientato che spaventato, chiede alla protezione civile dove può portarlo, vicino la madre del piccolo ripete: «Non abbiamo più niente, un boato, tremendo, e tutto è finito». Corso Umberto, il viale centrale, non c'è più, non c'è più il forno dove arrivava il profumo buono del pane, sono danneggiate le chiese di Sant'Agostino e San Francesco, semidistrutto il Municipio, crollato uno degli istituti religiosi ispirati da don Minozzi, morte tre suore e quattro ospiti.
 

Si è frantumato l'hotel Roma, nella via parallela, famoso in tutto il mondo per la sua amatriciana, ora solo un mucchio di pietre dove si cercano ancora settanta ospiti. Verso sera vengono trovati cinque cadaveri, ma si continua a scavare. L'Hotel Roma era un simbolo, una sorta di bandiera per i tanti partiti da Amatrice e che hanno fatto la fortuna nella Capitale come ristoratori, ora rischia di essere solo la ferita più profonda, dove si conteranno più vittime. Alle 3.36 se non tutto, molto è finito ad Amatrice. Con la vicina Accumoli si contano 86 morti e 368 feriti, ma è un bilancio purtroppo parziale. Manca all'appello la famiglia Picone: due romani dell'Appio Latino, dispersa la figlia di 9 anni, ritrovato salvo il fratello più piccolo. Morta anche una coppia del quartiere romano Quarto Miglio, salvo il figlio di 11 anni.

 
IL BAMBINO
Da una delle case di corso Umberto i soccorritori, all'alba, arrivati tempestivamente per quanto è possibile giungere in fretta quassù, hanno trattenuto le lacrime a fatica, quando hanno portato fuori un bimbo di nove mesi e la madre, entrambi morti. Ad Amatrice, ultimo lembo del Lazio, centro del centro d'Italia, al confine con Abruzzo e Marche, sono crollate anche le case che erano state riparate, nel 2009, rispettando le norme anti sismiche. Piazza Sagnotti è fuori dal centro, le belle palazzine a due piani sono degli anni Ottanta, ma si sono arrese, sono solo macerie, mostri senza pareti che offrono all'esterno la visione violenta della vita normale di chi ci abitava, sotto decine di cadaveri, intere famiglie. Stefano Leonetti, 58 anni, era nell'unica delle palazzine che ha resistito: «Un miracolo, i muri hanno resistito, sono caduti solo i mobili, ma le vede le altre case come sono ridotte? Un boato infernale. Qui passa la faglia, là quella villa nel 2009 era stata dichiarata inagibile dopo il terremoto dell'Aquila, erano stati fatti i lavori di adeguamento alle norme antisismiche per poterla riutilizzare. Eppure, eccola, è crollata. Una scossa troppo forte». Seduto sulla panchina c'è un uomo di 40 anni, Luigi, corso dall'Aquila quando ha sentito il terremoto, è entrato tra le macerie della casa, ha salvato la madre, ma per il padre non c'è stato nulla da fare. La gru abbatte un pilastro, dopo un poco un uomo della protezione civile va a recuperare delle coperte, c'è un cadavere.

LACRIME
Sergio Pirozzi, il sindaco, allenatore del Trastevere Calcio di professione, per tutto il giorno ha ripetuto disperato «metà di Amatrice non c'è più», alla sera è in lacrime, ma ha anche un riflesso di orgoglio negli occhi, «dobbiamo ricostruire». Renzi lo ha abbracciato, il governatore Zingaretti gli è stato vicino, pensare che il sindaco aveva minacciato la secessione dal Lazio quando volevano chiudergli l'ospedale, che ora è crollato, i pazienti sono stati evacuati, chissà se riaprirà mai. Pirozzi ripete che ricostruiranno Amatrice, ma attorno a lui, con il buio che avanza, un migliaio di persone raccolte nelle tendopoli, i soccorritori scavano e scavano, in silenzio per potere udire il grido di aiuto da sotto le macerie. Purtroppo verso sera ritrovano un cadavere, un bambino di undici anni, perché in questa tragedia sono morti molti minori, molti ragazzi, famiglie arrivate soprattutto da Roma a trascorrere gli ultimi giorni felici di agosto. Normalmente Amatrice e le sue 69 frazioni hanno 2.700 abitanti, in questo periodo erano 40mila gli abitanti grazie ai turisti. Sabato e domenica avrebbe dovuto esserci la sagra degli spaghetti all'amatriciana, cinquantesimo anniversario, feste per tutta la settimana: ecco perché c'erano tanti giovani e molti di loro sono sotto le macerie. Ed ecco perché molti romani sono tra le vittime, perché qui hanno la seconda casa e ci vengono in villeggiatura. E' romana Tiziana Lo Presti, 60 anni, che era ad Amatrice, anzi nella frazione di Saletta, voleva stare vicino alla madre ricoverata in ospedale. Il terremoto delle 3.36 l'ha sorpresa e uccisa, oggi sarebbe stata al lavoro: era un'operatrice della protezione civile proprio dell'area che interviene per i terremoti. Un'altra donna, Natalia Encolpio, vaga tra il palasport, dove sono stati portati i feriti, e la scuola alberghiera, dove è stata allestita una camera mortuaria, decine di corpi sotto i lenzuoli bianchi si vedono laggiù, in un garage. «Mia madre Elsa e sua sorella Cosima, 83 e 85 anni, erano in una casa appena ristrutturata, al terzo piano, in corso Umberto. E' crollata. Le sto cercando ovunque, ma ormai non spero più di trovarle vive. Un'altra mia zia era all'hotel Roma, so già che è morta». Sempre in quel palazzo un uomo dormiva con la figlia piccola: l'altro figlio era stato mandato dai nonni e si è salvato, la bambina era rimasta con il padre, ed è morta.

LA NOTTE
Ad Amatrice urla, singhiozzi, racconti, tra le vittime c'è il figlio del questore di Frosinone, parenti di carabinieri, familiari di chi lavora nella protezione civile. E' un intreccio di storie, che corre in un paese spezzato in due, perché l'unico vero collegamento tra il segmento che si affaccia dalla parte dell'Aquila e quello verso Rieti era corso Umberto. E di lì non lasciano più passare, perché è pericoloso, perché le mura di un centro che era un gioiello sono pericolanti. Il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, insieme al ministro Graziano Delrio, tra i primi ad arrivare con il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, accorso ad aiutare all'alba, svolgono i briefing in una scuola; vicino, nel parco giochi, alcuni bambini tentano di dimenticare la paura, lì è stata allestita la prima tenda; di fronte, c'è l'Alberghiero, con i cadaveri nel garage; più in là, nel palasport, un ospedale improvvisato, che in serata però è ormai vuoto, perché i feriti sono stati distribuiti tra gli ospedali di Rieti e quelli di Roma. «Noi non ci arrendiamo - ripete Pirozzi - da domani mi dimetto da allenatore, lascio la mia professione, ora devo solo pensare alla mia città». E l'ultimo atto, prima di provare ad andare a dormire è la firma di un'ordinanza con la quale tutte le case di Amatrice vengono dichiarate inagibili. Di fatto, un ordine di evacuazione.