Aborto, l'ordine dei medici di Roma alla Regione: «Ritirare atto iniquo sul San Camillo»

Aborto, l'ordine dei medici di Roma alla Regione: «Ritirare atto iniquo sul San Camillo»
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Giovedì 23 Febbraio 2017, 13:25 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 09:02

È scontro fra l'ordine dei medici di Roma e la Regione Lazio sul caso dei bando dell'ospedale San Camillo di Roma per assumere due medici. Il presidente dell'Ordine del medici di Roma Giuseppe Lavra chiede senza mezzi termini al presidente della Regione Lazio di revocare l«'atto iniquo» della assunzione di due medici sulla base di un concorso per non obiettori all'aborto. Lavra chiede anche che il Comitato Centrale della Federazione nazionale, la FNOMCEO, di pronunciarsi su questa vicenda. Il prossimo 11 marzo il tema arriverà all'esame dell'ordine nazionale ma la presidente Roberta Chersevani fa capire che vista la delicatezza del tema sarà necessario fare ulteriori approfondimenti.

La vicenda ha intanto riacceso il dibattito sul tema dell'applicazione della legge 194 a tutti i livelli: politico, regionale e sindacale, oltre che medico. La regione Lazio replica alle critiche spiegando che le procedure avviate oltre un anno fa «non contengono alcuna forma di iniquità poiché non vi è nel testo del decreto alcun accenno o riferimenti, tra i requisiti previsti, all'obiezione di coscienza, ma una specifica indicazione delle funzioni da svolgere per le prestazioni assistenziali legate all'erogazione del servizio». «Meraviglia pertanto che l'Ordine dei Medici di Roma - prosegue la nota della Regione Lazio - non conosca i contenuti di atti che risalgono al mese di giugno 2015 pubblicati sul Bollettino Ufficiale». La procedura del resto, aggiunge la Regione non ha avuto rilievi da parte dei Ministeri della Salute e dal Mef.

Un plauso alla Regione Lazio arriva dall'Associazione Luca Coscioni e da un cartello di sette sindacati medici. «Di fatto è stata accolta una delle proposte pratiche che da anni proponiamo alle Regioni, affinché sia correttamente applicata la legge 194». L'Associazione e l'AIED avevano infatti chieste alle regioni anche la creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza, l'elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l'obiezione di coscienza, concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG, l'utilizzo dei medici «gettonati» per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori, ed infine la deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti. «È da un anno che diciamo che serve una legge nazionale per disciplinare concorsi come quello bandito al San Camillo. Abbiamo già pronto un disegno di legge per regolamentare la riserva concorsuale per i medici non obiettori. Abbiamo intenzione di presentarlo al più presto e di chiederne la rapida calendarizzazione», dicono i senatori del Pd Monica Cirinnà, Sergio Lo giudice e Beppe Lumia, componenti della Commissione Giustizia. Ma l'annuncio ha fatto immediatamente alzare gli scudi di una parte del Parlamento.

«Conferma da un lato che la decisione della Giunta Zingaretti riguardante il San Camillo di Roma è quantomeno illegale al momento e, dall'altro, svela ancor più il volto illiberale dell'ideologia abortista che sembra purtroppo dominare il partito di maggioranza relativa», dice il deputato Gian Luigi GIgli, capogruppo di 'Democrazia Solidale - Centro Democraticò in Commissione Affari Costituzionali della Camera. Ma fra le regioni Zingaretti raccoglie il sostegno del presidente della Liguria Giovanni Toti: «Se c'era bisogno di medici che intervenissero secondo una normativa dello Stato che è la 194, e non ne aveva, Zingaretti ha fatto certamente bene».

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