Cyber security, il piano di Renzi:
in caso di attentato, internet oscurato

Cyber security, il piano di Renzi: in caso di attentato, internet oscurato
di Sara Menafra
3 Minuti di Lettura
Domenica 29 Novembre 2015, 10:03 - Ultimo aggiornamento: 16:32

Snellire norme e regole, renderle chiare ed essenziali soprattutto in caso di emergenza. E’ uno dei punti su cui battono con più forza gli esperti a cui palazzo Chigi ha chiesto aiuto per intervenire sulla sicurezza nazionale dopo gli attentati di Parigi. Renzi ha sposato il concetto, sebbene abbia più volte ripetuto ai suoi quanto sia importante non allarmare gli italiani e quanto, dunque, alla stretta sulla sicurezza, vadano collegati investimenti e interventi ”positivi”, come quelli sulla cultura. Nell’elenco delle priorità, spicca la sistemazione delle attuali normative per la «protezione cibernetica e la sicurezza nazionale». Qui la strada scelta per il prossimo futuro è quella di accentrare le decisioni a palazzo Chigi.

In casi estremi potrà persino decidere di oscurare temporaneamente le comunicazioni web. Il testo attualmente in vigore è un Dpcm firmato dal premier Monti e intitolato appunto «Direttiva indicante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale».

E’ datato 24 gennaio 2013, ma sembra vecchio di almeno 10 anni, visto che nel frattempo l’Isis si è radicato tra Iraq e Siria e l’Europa è stata segnata da numerosi attentati terroristici (più uno sventato sul Tgv la scorsa estate). Dunque, è diventato urgente rivedere quel testo in modo da assicurare la possibilità di agire rapidamente sulle comunicazioni sia in caso di attentato, sia per reagire eventualmente ad un ”evento cibernetico” ovvero ad un attacco attraverso la rete.

Che il tema stia a cuore al premier lo si capisce anche dal fatto che ieri ha ripetuto il concetto della centralità della sicurezza informatica: «Stiamo cercando di insistere con la cyber-security, ecco perché stiamo cercando di valorizzare di più e meglio le nostre forze dell'ordine, ma non dobbiamo chiuderci in un fortino». L’idea di fondo è che a prendere le decisioni emergenziali debba essere prima di tutto Palazzo Chigi. Sta al premier, insomma, l’ultima parola o il comando decisivo. «Mentre era allo stadio, appena saputo dell’assalto in corso, Hollande ha dato disposizioni anche su come agire sulla rete», è il ragionamento che si ripete in ambienti di intelligence.

I VERTICI Un nuovo Dpcm, dunque, si occuperà di rivedere prima di tutto l’attuale organizzazione del Nucleo per la sicurezza cibernetica istituito presso il consiglio dei ministri. Secondo le norme attuali, il Nucleo dovrebbe essere presieduto dal Consigliere militare di palazzo Chigi, che Renzi non ha mai voluto nominare (esiste solo un capo di gabinetto, il colonnello Paolo Puri) e al Nucleo, a cui partecipano Dis, Aise e Aisi - cioè i vertici dei servizi segreti - spetta il compito di affiancare il premier per «gli aspetti relativi alla prevenzione e preparazione ad eventuali situazioni di crisi e per l'attivazione delle procedure di allertamento».

Da mettere a punto è anche la struttura del «Tavolo interministeriale di crisi cibernetica». Attualmente lo presiederebbe sempre al consigliere militare presiederlo al quale spetterebbe anche occuparsi, alla presenza anche dei ministri degli Interni, della Difesa e dell’Economia, di «assicurare le attività di reazione e stabilizzazione di competenza delle diverse amministrazioni in caso di crisi di natura cibernetica». Tra gli interventi allo studio anche misure di sicurezza sulla telefonia, specie mobile, in caso di emergenza nazionale, ma qui la partita potrebbe essere lunga e complicata.

L’ACQUISIZIONE DEI DATI Per quanto riguarda la sicurezza cibernetica, resta il ruolo di proposta per strategie più efficienti, affidato al Dis. A metà della scorsa settimana, il direttore generale Giampiero Massolo e l’autorità delegata all’intelligence Marco Minniti hanno annunciato la nascita di un polo tecnologico a cui partecipa anche Finmeccanica. Il ministro degli Interni Angelino Alfano, parallelamente, sta valutando di rivedere le normative di accesso ai dati sensibili, compresi gli attuali protocolli di relazione con i provider stranieri, piuttosto farraginosi. I 150 milioni di euro, promessi da Renzi la scorsa settimana solo su questo capitolo, dovrebbero aiutare a fare investimenti rapidi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA