Parigi, le immagini della morte del poliziotto usate per campagna pro armi: il web si divide

Parigi, le immagini della morte del poliziotto usate per campagna pro armi: il web si divide
di Giulia Aubry
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Domenica 11 Gennaio 2015, 13:04 - Ultimo aggiornamento: 21:33
«L'unica cosa in grado di fermare un uomo malvagio con un'arma è un brav'uomo con un'arma. Pensaci». Con queste parole - e con le immagini del brutale assassinio di Ahmed, il poliziotto di quartiere trucidato sul marciapiede di fronte alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo - la Firearms United Italia, che fa riferimento all'omonima organizzazione internazionale che si rivolge ai possessori di armi di tutto il mondo ha lanciato su facebook quella che, nella sua pagina, viene definita come una campagna di sensibilizzazione sull'importanza delle armi e del loro possesso (e corretto utilizzo per l'autotutela della libertà di ogni singolo cittadino, ci tengono naturalmente a specificare).



Riprendendo parzialmente una dichiarazione del 2013 del segretario generale dell'Interpol Ronald Koble alla ABC news dopo l'attacco jihadista al centro commerciale Westgate di Nairobi, l'associazione suggerisce che «la cittadinanza armata potrebbe essere l'unica soluzione, se non per sventare eventuali attacchi terroristici di massa, quantomeno per limitarne i danni».



La locandina che mette a confronto due immagini dello stesso evento - il brutale assassinio di Ahmed Merabet - prima inquadrato con un cellulare e poi con un'arma (a sottolineare che la risposta più efficace non è l'informazione, ma la difesa armata), sta suscitando un dibattito molto forte, tra coloro che sostengono l'iniziativa (e il ricorso al possesso "più libero" di armi) e coloro che invece gli si oppongono fermamente criticando «lo sfruttamento - vergognoso - degli eventi e delle morti di Parigi per supportare l'utilizzo delle armi».



Qualcuno, tra coloro che in queste ore stanno condividendo l'immagine parla anche di vendita. Ma in realtà l'organizzazione non produce nulla, il suo obiettivo resta lo sviluppo della consapevolezza dell'importanza di possedere (tutti) un'arma legalmente.



Lo sdegno di molti utenti aumenta quando si arriva ad osservare che, in fondo all'immagine, compare la scritta (completamente de-contestualizzata) "je suis charlie". Un particolare considerato da molti offensivo e «ripugnante», un vero «incitamento alla guerra civile» in un momento in cui ci sarebbe bisogno di tutt'altro messaggio.



E il dibattito scatenatosi online mostra un paese (almeno quelo virtuale) diviso tra sdegnati e sostenitori. La pagina italiana conta circa 1.300 likers che, in queste ore, difendono apertamente la campagna con commenti del tipo «io l'ho condivisa scrivendo "e se quello a terra fossi tu?"», oppure «avanti così. Avrete sempre il sostegno di tanti», «quando saranno stufi di vedere morti innocenti lo capiranno», «l'autotutela va inserita nella costitutione», «lo Stato deve darci il diritto di difenderci come e quando vogliamo».



L'organizzazione aveva già pubblicato altri post a favore dell'autotutela armata sia a seguito degli eventi di Parigi, sia per altri simili eventi. Ma è la prima volta che un'immagine (effettivamente molto forte) creata da loro arriva a diventare virale. Il clima emotivo che proviene dalla Francia sta portando sempre più a galla paure, timori, vecchi e nuovi posizionamenti. E, ancora una volta, il social è il contesto in cui tutto ciò assume nuove dimensioni, nuove forme divenendo strumento (improprio e, spesso, superficiale) per costruire la realtà.