Shalabayeva, indagato il giudice del sì all'espulsione per presunte omissioni

Shalabayeva, indagato il giudice del sì all'espulsione per presunte omissioni
di Michela Allegri
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Martedì 7 Ottobre 2014, 05:51 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 09:12

ROMA Verrà interrogata domani dai magistrati di Perugia, non come persona informata sui fatti, ma in qualità di indagata.

Il Giudice di Pace Stefania Lavore, dovrà spiegare la sua versione dei fatti in merito a presunte omissioni contenute nel verbale di espulsione di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, rispettivamente moglie e figlia del banchiere e dissidente kazako Muchtar Ablyazov. Omissioni che, oggi, costano al giudice l'accusa di falso e abuso d'ufficio. Nel mirino degli inquirenti torna la concatenazione di eventi che va dalla sera del 28 al pomeriggio del 31 maggio 2013, e che culminò con il rimpatrio della donna. Sulla base di un passaporto diplomatico emesso della Repubblica Centrafricana dichiarato falso ma rivelatosi invece autentico, il Viminale imbarcò Alma su un aereo a Ciampino, spedendola in Kazakistan e consegnandola nelle mani del Presidente Nursultan Nazarbaev.

L'ESPOSTO

Alla base dell'inchiesta della Procura umbra, che ha competenza sull'attività dei magistrati romani, ci sarebbe un esposto presentato da uno degli avvocati della Shalabayeva, Astolfo Di Amato, che si focalizza sul racconto di ciò che avvenne durante l'udienza presieduta dalla Lavore presso il Cie di Ponte Galeria dove, il 31 maggio, Alma era stata portata dopo il blitz delle forze dell'ordine nella sua casa di Casal Palocco.

Quel giorno, di fronte al giudice, insieme alla Shalabayeva, c'erano anche gli avvocati della donna, Federico e Riccardo Olivo. I penalisti avrebbero fatto presente, con chiarezza, che Alma era sposata con un dissidente kazako, che in caso di rimpatrio avrebbe rischiato la persecuzione e che per questo motivo chiedeva asilo all'Italia. Di tutto ciò, a quanto sembra, non ci sarebbe traccia nel verbale d'udienza. Alma venne quindi trasferita in aeroporto e imbarcata su un aereo diretto in Kazakistan.

LA CASSAZIONE

L'illegittimità dell'espulsione della donna è stata sottolineata lo scorso luglio anche dalla Cassazione. La Suprema Corte ha infatti sentenziato che il provvedimento di rimpatrio, oggi al centro di un'inchiesta penale, è viziato da «manifesta illegittimità originaria», poiché l'irruzione nell'abitazione di Casal Palocco era stata effettuata per cercare il marito della Shalabayeva e non per finalità di prevenzione e repressione dell'immigrazione irregolare. I giudici, quindi, accogliendo il ricorso di Alma, hanno annullato senza rinvio la convalida del trattenimento della donna al Cie romano, disposto dalla Lavore, che faceva seguito al provvedimento di espulsione. Shalabayeva, espulsa con urgenza, è rientrata in Italia con la figlioletta Alua lo scorso 27 dicembre. Domani, invece, la Lavore, interrogata a Perugia, fornirà la sua versione dei fatti. «Dal verbale di udienza si evince - ha dichiarato l'avvocato Lorenzo Contrada, difensore del magistrato - che lo stesso è stato redatto dalle parti di volta in volta intervenute, il giudice si è limitato a trascrivere il provvedimento pertanto è evidente che quanto è stato detto in aula è stato interamente riportato».