Da Milano alla Sardegna, il Natale vietato a scuola e lo Stato laico

Da Milano alla Sardegna, il Natale vietato a scuola e lo Stato laico
di Mario Ajello
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Martedì 1 Dicembre 2015, 09:26 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 08:42

Nun me piace 'o presepe». Il Tommasino di "Natale in casa Cupiello" lo dice in napoletano, nella lingua di Eduardo De Filippo. Il preside Marco Parma ha invece una forte cadenza lumbard ma il concetto é lo stesso. Il responsabile della scuola di Rozzano ha scatenato un putiferio anche politico con la sua scelta di non fare intonare i canti di Natale all'istituto Garofani, dove né di crocefisso né di presepe si può parlare. Perché la presunta laicità impone di non farlo. Come se laicità potesse significare - perfino Voltaire si rivolterebbe nella tomba - sentimento anti-religioso e laicismo un tanto al chilo con il pretesto di non far soffrire i bambini che professano una fede diversa da quella cattolica.

Il caso Rozzano é cosi assurdo che ieri mattina si é presentato Matteo Salvini nella scuola - assurta a simbolo della resa a quello che Renzi definisce «un politicamente corretto indistinto e sciapito» - portando tra le braccia un presepe insieme ad una serie di cd con canti natalizi ad uso di propaganda. Mentre Ignazio La Russa ha improvvisato un comizio da spada e altare, tra le proteste di alcuni genitori e prof: «Via i politici dalla scuola», «Via le bandiere di Fratelli d'Italia, non c'entrano nulla», e «Vergogna!!!!». La berlusconiana Maria Stella Gelmini ha intonato all'ingresso dell'istituto "Tu scendi dalle stelle", tra le maestre arrabbiate che non hanno deposto lo striscione preparato l'altro giorno e inneggiante: «Io sto con Parma». E ancora: genitori che invocano le dimissioni di Parma, poi arrivate nel corso della giornata.

LA DIFESA DEI MUSULMANI
Madri e padri di fede musulmana che difendono presepe e Bianco Natale: «Non c'è nulla di offensivo per noi». Una maestra che dice: «Anche i bimbi non cristiani disegnano il presepe».
Mentre la Cgil di Milano la pensa proprio come l'Associazione nazionale dei sindaci francesi che hanno appena diramato - come reazione non reazione alla strage del venerdì 13 novembre - il loro appello a tutti i Comuni affinché in nome di «una buona laicità» non installino i presepi per non offendere le altre religioni e per facilitare il «vivre ensemble». E insomma evviva il preside Parma, é il grido cigiellino. Opposto a quello pentastellato che, evidentemente affezionato anche alla stella cometa, annuncia per bocca di Beppe Grillo, nonostante il preside Parma sia stato candidato in passato con il Movimento: «Scandalosa l'idea di cancellare il Natale».

Ed è cosi assurda la situazione, a pochi giorni da ciò che è accaduto a Parigi, che il Salvini difensore della fede («Chi vuole eliminare il Natale è fuori di testa. Le tradizioni non si eliminano e si rispettano») brandendo il suo presepe sembra ignaro che la forza universale del presepe sta proprio nel suo carattere universalistico. Perché il presepe è un racconto aperto, per nulla riconducibile alla retorica banalizzata della Lega, ed è multiculturale (un re magio è nero, un altro viene dall'Oriente), rappresenta una famiglia allargata (il padre naturale non è Giuseppe ma Dio) e ci si possono riconoscere tutti nel presepe, come hanno detto diversi genitori egiziani ieri davanti alla scuola di Rozzano.

Il presepe é qualcosa di inclusivo, di global, é una Schengen ante litteram perché tutti arrivano liberamente da tutte le parti nella grotta della natività. Ed é una narrazione aperta, e perfino giocosa se si pensa alle figurine che vengono aggiunte di volta in volta per esempio a Napoli, da Maradona a Padre Pio, da Higuain fino a Maria Elena Boschi (abituata tra l'altro da ragazzina, non si sa con quali esiti, a interpretare la Madonna nel presepe vivente del suo paesello in Toscana, Laterina in Valdarno). In più, anche se questo sfugge al preside laicista che ora minimizza («Non ho vietato niente, ho solo detto ad alcune mamme che non potevano venire a insegnare i canti di Natale perché alcuni bambini si sarebbe sentiti esclusi. Ed é bufera sul nulla a base di notizie distorte»), nell'epoca dello storytelling il racconto della grotta, del bambinello, del bue, dell'asinello, dei pastori e di tutto il resto ha una forza particolare e assai coinvolgente a prescindere dalle professioni di fede.

L'IDENTITÀ
Il meno adatto a difendere il presepe dovrebbe essere proprio Salvini, ma vabbè: la campagna elettorale non consente sottigliezze. E il tema dell'identità natalizia é cosi dilagante in questa fase, che riguarda non soltanto il Nord, ma l'Italia intera. Il ministro Alfano, convinto che serva "un'identità forte, altrimenti non si dialoga e si fa soltanto confusione", chiede che vengano allestiti i presepi in tutte le prefetture del Paese. E il Viminale dá l'esempio installando al ministero la propria rappresentazione della natività.

Intanto, a Sassari, la vicenda é questa. Il consiglio dei docenti della scuola primaria di San Donato (122 scolari su 250 non sono cattolici) ha cancellato la visita pastorale pre-natalizia dall'arcivescovo Paolo Atzeni. Temendo che la sensibilità dei bimbi di altre religioni venisse offesa dalla presenza del prelato. Uno schiaffo agli scolari, e non un possibile arricchimento delle loro conoscenze l'arrivo dell'arcivescovo? La banalità del politicamente corretto produce questo tipo di miopie. Fermare l'islamismo (ma dove? In una scuola elementare? Suvvia) vietando simbolo e presenze della tradizione cattolica, cioè colpendo noi stessi in quanto cristiani, nasconde quella perdita di identità che agli occhi dell'islamismo radicale non ci rende più capaci di proteggerci ma infinitamente più deboli e meritevoli di castigo.

E insomma non si tratta di laicità ma di laicismo che potenzialmente nutre il fondamentalismo.

O anche no. Ma ridurre il paesaggio italiano, in tempi così gravi, a una scena per politici in cerca di applausi e per presidi in cerca di visibilità, significa banalizzare i tempi che stiamo vivendo.