Sprint centrodestra: «Prima la Sardegna. Noi uniti per l’Italia». Meloni, Salvini, Tajani e Lupi
sul palco per spingere Truzzu

Il premier? «Divisi? Alleati da 30 anni». E poi punge Todde

Salvini a Cagliari: «Provano ad allontanarci ma io e Giorgia uniti e compatti, lei un'amica»
di Francesco Malfetano, nostro inviato a Cagliari
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Mercoledì 21 Febbraio 2024, 18:24 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 13:38

CAGLIARI «Ma vinci? Sei sicuro?» Giorgia Meloni è sorridente quando, appena arrivata alla fiera di Cagliari, si rivolge a Paolo Truzzu. I sondaggi degli ultimi giorni hanno fatto rumore a Roma ma qui nessuno, men che meno l’attuale sindaco del capoluogo sardo e candidato governatore per il centrodestra, teme realmente una sconfitta ad opera dei contendenti, Alessandra Todde e Renato Soru. «Figurarsi dopo che siamo riusciti a portarli tutti e tre qui» dice Truzzu al Messaggero al termine del lungo comizio che ha visto alternarsi sul palco la premier, Antonio Tajani e Matteo Salvini. «Ma è quasi più demerito degli altri che merito nostro» sostiene Maurizio Lupi, approdato in Sardegna assieme ai “colleghi” di governo per la chiusura di una campagna elettorale che culminerà questa domenica, con le urne aperte dalle 6.30 alle 22.

 
Tensioni e dubbi internazionali che agitano la maggioranza, sembrano spirare lontane dal padiglione che dà sul porto isolano.

O almeno così garantiscono i diretti interessati (il premier avrebbe chiesto di evitare ambiguità su Navalny), smentendo un confronto a bordo dell’aereo di linea che ha portato sia Meloni che Salvini a Cagliari, e ridimensionando i pochi minuti di «colloquio appartato» avuto dai due quando ad arringare la folla sul palco c’era proprio Truzzu. 


IL CANOVACCIO
Al punto che non solo nella foto finale sul palco compare per la prima volta in campagna elettorale anche il governatore uscente Christian Solinas (sardista che evita di cantare l’inno di Mameli), ma che nel turbine di interventi tutti i leader sembrano anche leggere lo stesso canovaccio che avvicenda «unità» e attacchi alla stampa. «Questo governo durerà cinque anni» scandisce ad esempio la premier, mettendo nel mirino i giornalisti. «Possono scrivere quello che vogliono - aggiunge - Non stiamo insieme per costrizione ma per scelta, da trent’anni, per l’Italia». Un segnale meno personalizzato di quello lanciato da Salvini («Non è solo un’alleata, è un’amica») - a cui invece la premier non dedica alcun riferimento diretto - ma che è comunque sovrapponibile a quello leghista. «Più di qualche giornalone prova ad allontanare me e Giorgia - dice il segretario del Carroccio - più andiamo avanti insieme e compatti come una sola persona per cinque anni, non un minuto di meno». Idem quando a parlare è Tajani: «Siamo tutti uniti, mi dispiace per la sinistra e per i giornali di sinistra, ma noi andiamo d’amore e d’accordo».


IL COMIZIO
Il resto delle due ore e mezza di comizio scivola via con un lungo elenco a tre voci che intreccia l’atteso ricordo di Berlusconi portato dal leader azzurro a 48 ore dal primo congresso nazionale di Forza Italia («Fino all’ultimo giorno ha guardato alla Sardegna come alla sua terra amata») e quello meno prevedibile di Enrico Berlinguer da parte di Salvini («Il partito comunista di Berlinguer era una cosa seria che si occupava di problemi seri non di genitore 1 o genitore 2») alla rivendicazione per opere e strategie già realizzate o ancora da farsi. «È aumentata la fiducia degli investitori - spiega quindi Meloni, snocciolando il record storico di acquisto di titoli di Stato italiani sul mercato estero toccato nei giorni scorsi - erano disponibili 10 miliardi di Btp, sono arrivate richieste per 155 miliardi». E ancora, rivendicando un altro «record» ottenuto perché «abbiamo smesso di buttare i soldi della gente dalla finestra»: «Lo spread è stabilmente sotto i 150 punti» dice, approfittando per attaccare «la sinistra che sperava salisse per avere un altro governo tecnico». E il premierato? «Lo dico scherzando: se le portiamo a casa, smetto di fare questo lavoro...». 


Del resto un po’ tutti gli interventi sembrano proiettare il pensiero dei leader già oltre il voto di domenica, in un metodico tentativo di smontare il campo largo che in Sardegna si è condensato attorno al nome dell’ex sottosegretaria M5s Todde e che, verso Strasburgo deve ancora trovare una quadra. «Largo rispetto a un campo da calcio? I sardi non meritano di essere cavie di un esperimento. Ho letto che il programma di Todde è l’antifascismo: innovativo...», si scatena Meloni incassando gli apprezzamenti delle quasi 3mila persone accorse in un capannone il più utilizzato per serate da discoteca. Apprezzamenti che raccoglie anche quando, all’arrivo, lascia la scorta per avvicinarsi al presidio della Cgil che manifestava dietro ad uno striscione con su scritto «Basta morti sul lavoro», e promette un incontro ad hoc con i vertici nazionali di tutte le sigle sindacali per ampliare il pacchetto di misure che è stato discusso in Consiglio dei ministri proprio ieri mattina, prima di volare a Cagliari. 
 

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