Rai, Simona Agnes: «TeleMeloni non esiste, l'azienda è pluralista. Fabio Fazio? Una perdita»

Parla la consigliera di amministrazione

Rai, Simona Agnes: «TeleMeloni non esiste, l'azienda è pluralista. Fabio Fazio? Una perdita per la Rai»
di Mario Ajello
3 Minuti di Lettura
Lunedì 20 Novembre 2023, 07:23 - Ultimo aggiornamento: 09:44

Simona Agnes, vista dalla sua posizione di consigliere di amministrazione, qual è oggi lo stato di salute della Rai?
«La Rai è la più importante industria culturale del Paese. Si appresta ad affrontare un piano industriale che prevede il processo di trasformazione da broadcaster tradizionale a digital media company, per rimanere al passo dei cambiamenti in atto. Sul tavolo c'è anche un piano immobiliare importante, che prevede tra l'altro, con uno sguardo rivolto al futuro, la riqualificazione dello storico palazzo di Viale Mazzini, punto di riferimento della governance aziendale e simbolo insostituibile della storia del servizio pubblico; la ristrutturazione di Saxa Rubra; e un grande centro di produzione a Milano all'avanguardia e in linea con le nuove tecnologie eco-sostenibili».
In questo percorso di rafforzamento e ammodernamento, però, il taglio del canone non è un problema?
«Il taglio del canone rappresenta sicuramente una sfida complessa alla quale, ne sono certa, la Rai con la forza dei suoi dipendenti sarà in grado di rispondere in modo efficace. Garantendo comunque una programmazione ricca e diversificata».
Di che cosa, in questa fase cruciale in cui tutto si sta velocemente muovendo nel settore audiovisivo, avrebbe bisogno la televisione pubblica?
«La televisione pubblica ha bisogno di essere tutelata e rispettata sempre per la missione storica che le è stata affidata e per le nuove sfide che l'attendono nel nuovo contesto digitale».
Quanto le pesa la definizione di TeleMeloni?
«Non esiste una TeleMeloni. La Rai è informazione nazionale e regionale, cultura, intrattenimento, approfondimento, giornalismo d'inchiesta, sport, cinema, fiction e documentari. È la storia dell'Italia raccontata in linea con i tempi che cambiano e con diversi e differenti punti di vista, nel rispetto della libertà e del pluralismo».
Ma davvero il tandem formato dall'ad Roberto Sergio e dal dg Giampaolo Rossi è una coppia che scoppia?
«Spesso le voci che circolano, non solo sulla governance, non corrispondono alla realtà. L'amministratore delegato e il direttore generale sono come due assi di un binario che procedono in modo parallelo verso la stessa direzione».
Molti programmi sono in difficoltà. Errore, per esempio, lasciarsi sfuggire Fabio Fazio?
«Fabio Fazio è sicuramente una perdita per la Rai. L'azienda conta ottime professionalità. Negli ultimi anni la platea televisiva, così come l'offerta, sono radicalmente cambiate. È giusto e necessario che la Rai sperimenti, affiancando volti nuovi e format nuovi a volti già conosciuti e format già collaudati. È doveroso anche individuare un linguaggio diverso che avvicini sempre di più i giovani al servizio pubblico».
Si gira sempre intorno al tema della privatizzazione. Perché non passare finalmente ai fatti?
«Nessun Paese in Europa ha mai pensato di privatizzare il proprio servizio pubblico.

Anche se con offerte diverse, il servizio pubblico rappresenta un bene primario e strategico ed è sinonimo di democrazia. Per questo va difeso e valorizzato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA