Scissione agita il Pd, Zingaretti: «Un errore dividersi». Franceschini a Renzi: «Fermati»

Nicola Zingaretti
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Domenica 15 Settembre 2019, 20:42

«Un Pd unito serve alla democrazia italiana e alla stabilità del Governo. Dividersi in questo momento è un gravissimo errore che l'Italia non capirebbe». Nicola Zingaretti cerca di scongiurare la scissione renziana che sembra sempre più vicina e Dario Franceschini rivolge un appello all'ex premier: «Renzi, non farlo. Il Pd è la casa di tutti, casa tua e casa nostra - dice il ministro -. Il popolo della Leopolda è parte del grande popolo del Pd. Non separiamo questo popolo, non indeboliamoci spaccando il partito di fronte a questa destra pericolosa». E proprio alla Leopolda, tra un mese, Renzi in un'intervista al Corriere Fiorentino promette parole «chiare come mai in passato».

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Si aggiunge all'appello con un posto su Twitter la deputata del Pd, Debora Serracchiani: «Con Salvini che a Pontida carica i suoi all'assalto delle istituzioni nel Pd si riparla di dividere: una follia. Ora è il momento di pensare a far funzionare questo governo e ritrovare consenso. E già questo è un compito abbastanza impegnativo». 

Alle prese con la difficile sfida del governo con M5S e Leu («dobbiamo provare a costruire una casa comune con i sassi che ti hanno gettato contro», dice Dario Franceschini citando il Talmud e Erri De Luca) e con il tentativo di alleanze analoghe alle regionali, il Pd ha di nuovo il fronte interno aperto. La prospettiva è la formazione di gruppi parlamentari autonomi renziani, un progetto già avanzato di «separazione consensuale», secondo i promotori. Per Franceschini però «questa idea è ridicola, quando spacchi un partito è sempre traumatico».

 



Il capodelegazione al governo, promotore e tessitore dell'accordo con il M5S, che chiude la tre giorni di Areadem a Cortona, rinnova quindi l'appello all'unità. D'altro canto, ragionano in molti nel partito, «siamo arrivati uniti a formare il governo, e Renzi ha avuto un ruolo da protagonista, perchè indebolirsi ora?». «Una scissione a freddo non avrebbe senso - sostiene pure Enrico Letta al Corriere della Sera - visto anche il modo intelligente e inclusivo in cui Zingaretti ha gestito questa fase».

Dal fronte renziano nessuna reazione ufficiale all'appello di Franceschini. In due interviste Ettore Rosato - papabile come coordinatore del nuovo movimento - e Ivan Scalfarotto elencano i motivi del malumore renziano. Tra gli altri, «non siamo quelli che cantano Bandiera Rossa al comizio del segretario» e «vogliamo un'Italia libera, fresca, viva. E un partito senza correnti e senza fuoco amico».

Distanze sui contenuti politici e anche personali. L'eventuale ritorno nel Pd dei fuoriusciti anti-Renzi - simboleggiati da Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema - è un'altra delle ragioni che motiverebbero l'uscita dei renziani dal Nazareno. Luigi Marattin, deputato in pole per diventare capo del nuovo gruppo alla Camera, parla di «sovranisti» e «Pd-M5S» come «opzioni politiche insufficienti».

L'appuntamento è alla Leopolda dal 18 ottobre. Nella vecchia stazione da cui tutto partì Renzi chiarirà le sue intenzioni. Ma il processo di separazione potrebbe accelerare ancora in queste settimane che mancano alla kermesse. Intano i contatti tra i big non si interrompono, mentre sui social si intrecciano tra dirigenti e militanti sfottò e interrogativi.

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