Migranti, l'allarme per la rotta asiatica: boom di arrivi dal Bangladesh. E Meloni convoca ministri e intelligence

Riunione di Meloni e dei ministri con i vertici degli 007. Preoccupa la nuova rotta dall'Asia

Migranti, l'allarme per la rotta asiatica: boom di arrivi dal Bangladesh. E Meloni convoca ministri e intelligence
di Francesco Bechis
4 Minuti di Lettura
Giovedì 11 Aprile 2024, 00:16 - Ultimo aggiornamento: 00:20

Martedì, Palazzo Chigi. Giorgia Meloni raduna nel primo pomeriggio un cenacolo ristretto di ministri. Il titolare del Viminale Matteo Piantedosi, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, il sottosegretario Alfredo Mantovano. Con loro anche i vertici dell’intelligence, al suo posto Elisabetta Belloni, direttore del Dis.

C’è un file-rouge che unisce queste riunioni convocate ogni due settimane dalla premier, lontano dai riflettori: i migranti. Il titolo in burocratese, “stato di avanzamento lavori”, nasconde una missione politica: monitorare passo passo l’andamento degli sbarchi in vista di un’estate che promette bufera. Un’altra volta. Ora però sul tavolo c’è un allarme specifico.

L'alert dall'Asia

Alle rotte africane, la carovana di migranti in mano ai trafficanti che dalla Tunisia e la Libia sfida il Mediterraneo per raggiungere le coste italiane, se ne è aggiunta un’altra, imprevista. Arriva dall’Asia e inizia a preoccupare i nostri apparati di sicurezza. Dal Bangladesh, la piccola e popolosissima autocrazia asiatica al confine con l’India, da mesi va avanti un insolito pellegrinaggio di migranti illegali che riescono ad arrivare in Italia dopo lunghe peripezie.

Il cruscotto giornaliero del Viminale fotografa la nuova rotta.

Da gennaio al 10 aprile, 2927 bangladesi sono sbarcati in Italia. Sono la prima nazionalità dichiarata all’arrivo. Sopra la Siria (2230), perfino la Tunisia (1745) e la Guinea (1437). È un nuovo carico che sta aggravando le procedure di accoglienza e il trend promette di crescere notevolmente con i primi mesi dell’estate. Dietro l’impennata di arrivi asiatici c’è uno schema che ora il governo vuole rompere. I migranti bangladesi arrivano via mare, su barche di fortuna dalle coste nordafricane. Ma prima fanno un lungo, lunghissimo giro. 

La triangolazione

Partono da Dacca, la capitale, prendono un volo aereo in direzione degli Emirati Arabi Uniti, atterrano a Dubai o Abu Dhabi. Possono entrare con facilità nel Paese del Golfo grazie a un sistema di visti “soft” che permette di soggiornarvi senza avere un permesso di lavoro.

Di qui risalgono su un aereo e partono alla volta del Cairo, in Egitto, o direttamente di Tripoli e Bengasi, in Libia. Ed è con questa triangolazione che arrivano alle coste libiche, in quella terra di nessuno dove i trafficanti di esseri umani hanno gioco facile, dietro salati compensi, a metterli sui barconi insieme ai tunisini e i siriani. 

Le preoccupazioni del premier

Ebbene, questo nuovo fronte, è la linea emersa nell’ultima riunione di Meloni, a poche ore dal Consiglio dei ministri, deve essere chiuso in fretta. La Farnesina è già al lavoro per chiedere ad Abu Dhabi e allo stesso governo bangladese una stretta immediata sul sistema dei visti e dei passaporti. Ma sono diversi i Paesi di transito che concedono “visti facili” e su cui ora partirà il pressing diplomatico. Si muoverà anche l’Ue. Bisognerà agire in fretta - non è escluso che Meloni ne parli direttamente con Zayed, il principe emiratino con cui vanta rapporti personali stretti - perché l’estate si avvicina e le previsioni del governo per la nuova stagione di sbarchi sono a dir poco cupe.

«Temiamo un’impennata esponenziale», confessa un ministro sfogliando i rapporti settimanali dei Servizi sulle rotte dirette in Europa. Preoccupa la Tunisia, dove Meloni sarà in visita con Piantedosi mercoledì prossimo, questa volta senza Ursula von der Leyen, nonostante la stretta sui controlli ai confini e i programmi economici accordati con l’Ue dal presidente Kais Saied. Il colabrodo libico è un altro cruccio. 
La premier teme un nuovo anno di passione sul fronte migratorio. Con contraccolpi politici evidenti, già prima delle elezioni europee di giugno.

La scommessa

Ha scommesso tutto sul Piano Mattei, sugli investimenti e la cooperazione di lungo periodo che però nel breve termine non danno risultati da rivendere alle urne. Ha confessato lei, a inizio anno, il rimpianto per il boom di arrivi nel 2023: 157mila. Un replay sarebbe difficile da spiegare agli elettori.

Per questo cerca altri appigli, chiede conto ai ministri responsabili, nelle riunioni periodiche, dello stato dell’arte. Da un lato l’esigenza di chiudere in fretta il patto con l’Albania, i centri di raccolta migranti in Est Europa vetrina perfetta per il voto Ue. Dall’altro di frenare subito, prima che sia tardi, la nuova rotta asiatica che rischia di far vacillare nei prossimi mesi il sistema di accoglienza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA