Ad aver votato contro la ratifica del Mes sono stati Fratelli d’Italia e Lega. Giorgia Meloni e Matteo Salvini non hanno mai fatto mistero della loro ritrosia per quello che riguardava l’autorizzazione al Meccanismo. La premier ha ribadito più volte che finché sarà lei la numero uno del governo l’Italia non accederà al Mes. «Finché ci sarà un governo guidato da me l'Italia non potrà mai accedere al Mes. La riforma del Mes non è stata mai portata a ratifica e questo dà la misura di come questo strumento necessiti di un approfondimento», commentava rispondendo durante un question time alla camera. Un approfondimento che in poche settimane si è tramutato in un no categorico, il Mes non tornerà sul tavolo del parlamento prima di sei mesi ad elezioni europee probabilmente già incasellate.
La Lega di Matteo Salvini, il suo no da sempre sul Mes
Ancora meno mistero sul fatto che Matteo Salvini fosse (forse anche più di Meloni) assolutamente contrario a procedere con il Mes.
Le opposizioni e il "pacco" preso dall'Italia
«È una ritorsione dopo aver piegato la testa sul Patto di stabilità e ciò danneggia la credibilità dell’Italia», attacca Elly Schlein. Per le opposizioni la resa sul Patto è la diretta conseguenza della scelta di far saltare il banco sul Mes. Decisione che mina ora più che mai la credibilità di un’Italia solo spettatrice. In ogni caso, una volta rotti gli indugi, l’esito era già scritto. Senza dimenticare che sia la maggioranza che l’opposizione si sono divise. FdI, Lega e M5S hanno votato contro, Pd e centristi a favore, Forza Italia, Avs e Noi Moderati astenuti. Come la si voglia guardare, si è trattato di una decisione che difficilmente avrebbe potuto contare su due fronti unici. Per i partner europei è una doccia fredda e un’amara sorpresa. Il ministro dell’Economia Giorgetti aveva assicurato ai colleghi responsabili delle Finanze, nell’ultimo Ecofin prima di quello eccezionale di due giorni fa, che una volta raggiunto l’accordo sul Patto di stabilità il semaforo verde sul Mes sarebbe arrivato a strettissimo giro. giro. Dunque non avrebbero dovuto esserci problemi, avendo l’Italia accettato l’accordo sulle nuove regole, con tanto di applausi del ministro: «L’Italia ha ottenuto moltissimo».
Aria fredda dall'Europa
Da Bruxelles la brutta notizia è stata accolta con un silenzio glaciale. Parla il presidente dell’eurogruppo Donohoe e dice il meno possibile: «Sono rammaricato». Dalla sua parte Matteo Salvini non pecca di incoerenza, all’inaugurazione del ponte Leonardo Da Vinci tuonava: «Sul Mes la Lega non ha mai cambiato idea in vent’anni, è uno strumento inutile se non dannoso che porterebbe un lavoratore italiano a dover mettere dei soldi per salvare una banca tedesca. Non penso sia utile e siccome il Parlamento è sovrano, il Parlamento vota in base all’interesse nazionale italiano: i tedeschi fanno gli interessi tedeschi, noi quelli degli italiani. La posizione della Lega è sempre stata e continua a essere chiara». Una posizione talmente chiara da fugare ogni dubbio anche dal lato Fratelli d’Italia che ha preferito rimanere al fianco dell’alleato leghista per nuotare in acque sicure. Meno sicura o quantomeno rischiosa, la tenuta dei rapporti dell'Italia con gli altri partner europei che dopo il Mes, potrebbero non essere così accondiscendenti. Nonostante i dossier chiusi (si guardi il patto) si teme che il Mes si traduca in un netto peggioramento delle alleanze. Da non dimenicare che l'Italia deve ancora chiudere il capitolo infrazioni tra cui quello sulle concessioni balneari, una partita che si gioca tutta in Europa. Il rischio adesso è di dover gestire una neo complicata esistenza europea, in cui l’Italia potrebbe non aver finito di combattere.