Meloni, il piano Europee: caccia agli eletti di Orban per rinforzare i conservatori. A sorpresa la nota pro-Kiev

L'obiettivo è quello di stoppare l'asse tra socialisti, Ppe e liberali che puntano sul Von der Leyen bis

Meloni, il piano Europee: caccia agli eletti di Orban per rinforzare i conservatori. A sorpresa la nota pro-Kiev
di Mario Ajello
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Venerdì 15 Settembre 2023, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 07:39

Portare Orban nei Conservatori, farsi forza dei suoi (probabili) 12-15 europarlamentari, diventare insieme a lui più pesanti in Europa (oltre a Polonia e Repubblica Ceca e Italia un altro Paese, l’Ungheria, andrebbe nel pacchetto dei Paesi europei guidati da un premier di quell’eurogruppo) e diventare, con l’ingresso dell’amico Viktor e del suo partito, molto più influenti a livello continentale e nell’interlocuzione con il Ppe che potrebbe avere bisogno, anche se per ora i numeri dei sondaggi sono a favore del bis della maggioranza Ursula (Ppe-Pse-liberali macroniani), della sponda meloniana. C’è tutto questo dietro, e in mezzo, all’ora di colloquio tra Giorgia e il collega di Budapest.

Non si vedevano da quando Meloni è premier, avevano posizioni distantissime sulla guerra ucraina, ma ora il riavvicinamento è nei fatti (hanno voluto il faccia a faccia), nei contenuti (la difesa strenua della famiglia e della religione cristiana e la lotta dura senza paura contro quello che Meloni chiama «l’inverno demografico» della denatalità oltre all’unità ribadita ieri nella difesa dei confini europei dall’immigrazione clandestina), nella strategia (insieme in Europa per essere più forti dei liberali, per non farsi superare dall’eurodestra salviniana-lepenista, per dire a von der Leyen devi fare i conti con noi) e perfino nel fronte bellico.

Dove Orban, in nome della riconciliazione con Giorgia (ad Atreju era una star prima di passare al fianco di Putin), ha fatto ieri una piroetta così sintetizzata dalla nota finale dell’incontro diramata da Palazzo Chigi: i due presidenti, «per quanto riguarda l’Ucraina, hanno condannato l’aggressione russa e auspicato una pace giusta.

Hanno ricordato il sostegno fornito finora a Kiev e hanno sottolineato l’importanza di mantenere la forte unità degli Stati membri dell’Ue in un sostegno ampio e multidimensionale all’Ucraina». E il governo ungherese: Orban e Meloni hanno «sottolineato l’importanza di politiche favorevoli alla famiglia e condannato l’aggressione russa in Ucraina. Hanno inoltre insistito sulla necessità di una risposta collettiva dell’Ue alle sfide migratorie e hanno promesso una cooperazione continua, considerando l’imminente presidenza ungherese dell’Ue nella seconda metà del 2024». 

Riavvicinamento completo insomma. Grazie al quale, se Orban manterrà la nuova linea sull’Ucraina e la promessa di moderazione, i Conservatori e riformisti - ammesso che l’ungherese, fuori dal Ppe nel 2021 e ora senza collocazione continentale, aderirà al gruppo meloniano - avranno una notevole capacità di manovra quando si andrà a contrattare la nuova commissione Ue dopo il voto di giugno. Ufficialmente i due non hanno detto di aver parlato, nel pranzo successivo al summit sulla demografia e poi nell’incontro a due, di elezioni europee. Ma ufficiosamente si fa sapere che lo hanno fatto. 

IL MATCH
La partita è di massimo interesse per gli equilibri europei. Popolari, socialisti e liberali (secondo i sondaggi, rispettivamente: 160 seggi, 146 seggi, 89 seggi) sarebbero favoriti e un governo Ursula bis è nelle cose. Ma Orban nel gruppo di Meloni (a cui viene attribuito un pacchetto di un’ottantina si seggi) significa rafforzarlo di 12-15 posti pesanti che lascerebbero indietro Identità e Democrazia (i salvinian-lepenisti sono a quota 73 seggi ma possono crescere) e rivaleggiare fortemente con i macroniani e anche superarli. Tra Meloni e Viktor l’amico ritrovato la consapevolezza di giocarsi una partitona, di reciproco interesse, è molto chiara. Oltretutto i Conservatori e Riformisti di Ecr hanno contatti con i nazionalisti rumeni che nei sondaggi per il 9 giugno vengono quotati al 25 per cento in patria. Che significa 8-9 deputati in Europa (per ora non ne avevano neppure uno). Però non sarà facile per Meloni, ancora presidente di Ecr, unire la destra rumena con quella ungherese. Perché Aur, questo il nome del partito rumeno, è in lotta con Fidesz a causa della Transilvania: nazionalisti contro nazionalisti. 

Resta il fatto però che, dopo il freddo a causa della guerra russo-ucraina, Meloni e Orban hanno ritrovato la storica sintonia e ieri solo sorrisi e baciamano: come ai vecchi tempi. E lo spostamento ungherese filo Ucraina è un punto molto importante incassato da Meloni per la sua euro-strategia. Perché rende Orban potabile, almeno in questo, presso le cancellerie europee e meno inviso al Ppe con cui comunque il capo del governo italiano avrà un’interlocuzione dopo il voto, magari per un avvicinamento che sarebbe per lei complicatissimo se accompagnata da un Orban ancora putiniano. 
 

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