Meloni, missione Kiev: oggi patto con Zelensky. E poi vertice da Biden il primo marzo

Il premier è in Ucraina, da dove guiderà il summit G7 insieme a von der Leyen

Meloni, missione Kiev: oggi patto con Zelensky. E poi vertice da Biden il primo marzo
di Francesco Bechis
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Venerdì 23 Febbraio 2024, 23:55 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 07:00

Sarà un tour-de-force senza precedenti. Kiev, Washington, Toronto. Giorgia Meloni si gioca tutto in una settimana. C’è in ballo il sostegno dell’Italia all’Ucraina aggredita a due anni dall’invasione di Vladimir Putin. C’è la presidenza italiana del G7 che a questo deve servire: serrare i ranghi di un Occidente stanco e disilluso di fronte all’interminabile conflitto in Est-Europa. Si parte oggi, nella capitale ucraina. Dove la premier italiana è pronta a riabbracciare Volodymyr Zelensky nel secondo anniversario della guerra. Con una photo-opportunity d’eccezione. Sarà al suo fianco, ancora una volta, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Poi la settimana prossima la tappa lampo di Meloni a Washington Dc. L’incontro nello Studio Ovale con Joe Biden per riallineare le agende transatlantiche sulla crisi ucraina come sulla guerra in Medio Oriente che sembra senza via di uscita.

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LA VISITA IN UCRAINA

Intanto la missione a Kiev, con i galloni della leadership G7.

Partita ieri, al riparo dai riflettori per ragioni di sicurezza. A metà pomeriggio l’aereo presidenziale atterra sulla pista dell’aeroporto di Rzeszów, in Polonia. L’ultimo scalo dell’Europa libera prima di varcare la frontiera ed entrare nello spazio ucraino. Un lungo viaggio, in treno, ha portato nella notte a destinazione la premier e la delegazione italiana al seguito. Ha voluto lei a tutti i costi essere qui, nel giorno in cui il presidente in mimetica, a Kiev, commemora due anni di resistenza. Da celebrare c’è ben poco. Il fronte ad Est scricchiola e cede terreno alle truppe russe, che hanno riconquistato Avdiivka, snodo centrale del Donbass. Armi e munizioni scarseggiano, appese agli aiuti americani che restano nel limbo della politica a Washington Dc, fra veti e controveti. Ecco allora il segnale. Intanto, la riunione in videoconferenza dei leader G7, la prima a guida italiana. Meloni al timone. Con lei, a distanza, Biden, Macron, Scholz, Sunak, Kishida, Trudeau. Al fianco della timoniera di Palazzo Chigi, Zelensky e von der Leyen. Un segnale di unità. E un messaggio a Vladimir Putin, nei giorni in cui lo zar russo celebra i «successi» sul campo delle truppe, passa in rassegna jet e missili ipersonici. Si fa beffe della morte nel gulag di Alexei Navalny, il suo ultimo vero oppositore politico. La risposta passa da Kiev. E si tradurrà anzitutto «nel più severo pacchetto di sanzioni contro la Russia» da quando è iniziata la guerra, fanno sapere dalla Casa Bianca. Un salto in avanti, rispetto a quanto fatto finora. L’obiettivo è stringere le maglie del sistema sanzionatorio occidentale che non ha colpito come sperato l’economia di guerra russa, garantita dall’asse commerciale con Cina e India. Sanzioni terziarie, per imporre un prezzo agli Stati alleati di Europa e Stati Uniti che continuano a fare affari con il Cremlino, noncuranti. Gas, idrocarburi, terre rare. Chissà se la tagliola servirà. Il vero salto quantico, in realtà, è un altro: utilizzare le riserve russe nelle banche centrali per sostenere le finanze ucraine. Parliamo di centinaia di miliardi di euro. Tuttavia è una mossa tecnicamente complessa e considerata impraticabile da tanti Stati del fronte pro-Kiev. Meloni guiderà la riunione G7 nel primo pomeriggio, che si chiuderà con una dichiarazione congiunta e la promessa di uno “scudo di sicurezza” per assicurare a Zelensky rifornimenti militari e finanziari per gli anni a venire. Dieci, per la precisione. Anche l’Italia farà la sua parte con la firma di un accordo bilaterale. Fra le clausole, come anticipato dal Messaggero, la previsione di disporre «consultazioni immediate entro 24 ore» da un nuovo attacco russo sul suolo ucraino, in futuro. È un impegno politicamente oneroso, perché si staglia oltre la legislatura e, chi lo sa, forse anche l’era Meloni a Palazzo Chigi. La premier tira dritto, nonostante i mal di pancia interni alla maggioranza sulla linea dura pro-Kiev che pure riaffiorano, come dimostrano i distinguo leghisti sulla morte in carcere di Navalny. Tempo quattro giorni, ed ecco che i riflettori di Palazzo Chigi si sposteranno su Washington Dc. Meloni e Biden, un’altra volta insieme alla Casa Bianca. 

LA TAPPA NEGLI USA

Incontro lampo, incastrato all’ultimo dagli staff prima della visita ufficiale in Canada. Sul tavolo «l’impegno a continuare il sostegno all’Ucraina mentre fa i conti con l’aggressione russa», ha fatto sapere ieri il governo Usa. E certo sarà anche l’occasione per discutere della guerra israelo-palestinese, di come «prevenire un’escalation in Medio Oriente» e «consegnare aiuti umanitari alla gente di Gaza». Chissà se riecheggeranno nello Studio Ovale quelle tre parole su cui tutta la politica italiana si è compattata in Parlamento: “cessate il fuoco”. 
Il veto americano al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per uno stop unilaterale dei bombardamenti israeliani a Gaza ha suscitato stupore e sdegno, anche in Occidente. Ma fa il pari con la crescente irritazione di Biden per la guerra a oltranza di Bibi Netanyahu, mentre a Rafah si consuma una nuova strage. Per la premier la tappa americana, cercata con insistenza, è l’investitura definitiva per il G7 pugliese al centro della Meloni-diplomacy. La conferma dell’asse atlantico tra Roma e Washington mentre l’ombra di Donald Trump si staglia sulle presidenziali di novembre che tengono anche qui il fiato sospeso. 

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