Mattarella: «No agli insulti in politica». Il richiamo del Capo dello Stato dopo i manichini della Meloni bruciati e le frasi di De Luca

Schlein: "Basta violenza". Ma non cita Giorgia. Valditara: "Sì al patriottismo costituzionale"

Sergio Mattarella
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Febbraio 2024, 12:08 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 09:09

La mostrificazione dell’avversario è quanto di peggio la mala politica italiana sia stata capace di produrre in questi decenni. E Sergio Mattarella conosce bene questa cattiva abitudine. Perciò, ogni volta che la individua, interviene con severità. Lo fece, nel maggio scorso, quando, il ministro Eugenia Roccella venne aggredita al Salone del libro di Torino e le fu impedito di parlare, da sedicenti antagonisti. «Mai mettere a tacere qualcuno», fu la reazione del Capo dello Stato all’indomani di quel brutto episodio. Ora, nel mirino dell’odio ideologico c’è Giorgia Meloni
 

Roma, omicidio Valerio Verbano: il corteo per ricordare il ragazzo ucciso il 22 febbraio del 1980 nella sua abitazione al Tufello

Secondo il Capo dello Stato, si sta superando il limite. Stigmatizzando il rogo appiccato ad un fantoccio in legno raffigurante Meloni, avvenuto durante le manifestazioni in ricordo di Valerio Verbano, il diciannovenne ucciso da tre uomini riconducibili a fazioni neofasciste, Mattarella ha fatto notare: «Si assiste a una intollerabile serie di manifestazioni di violenza. Insulti, volgarità di linguaggio, interventi privi di contenuto ma colmi di aggressività verbale, perfino effigi bruciate o vilipese, più volte della stessa presidente del Consiglio, alla quale va espressa piena solidarietà».

Ha detto questo Mattarella parlando con un gruppo di studenti al Quirinale. E ha aggiunto: «Il confronto politico, la contrapposizione delle idee e delle proposte, la competizione anche elettorale risultano mortificate e distorte» dalla pratica della violenza verbale: ne viene travolta la dignità della politica che scompare, soppiantata da manifestazioni che ne rappresentano la negazione. Mi auguro che la politica riaffermi sempre e al più presto la sua autenticità, nelle sue forme migliori». 

L'INTERVENTO
È un intervento importante. E indirettamente, come si è subito fatto notare in ambienti politici, c’è un richiamo anche al presidente campano Vincenzo De Luca che nei giorni scorsi aveva aggredito a parole Meloni, senza essere stato oltretutto censurato nel suo turpiloquio - almeno pubblicamente, perché riservatamente è accaduto - dalla segretaria del Pd, Elly Schlein. La quale ieri ha dato ragione a Mattarella. Ma lo ha fatto così: «Questa violenza politica va condannata. Gli avversari si battono con le idee e le proposte in una sana dialettica democratica». È d’accordo con il presidente la segretaria dem ma non nomina la parola Meloni, non prende esplicitamente le difese della leader del centrodestra finita nella spirale dell’odio, non si erge a suo primo sostegno anche se le due leader della sinistra e della destra hanno stabilito un rapporto di vicendevole riconoscimento. In questo caso, è come se Elly abbia paura di scoprirsi troppo a sinistra difendendo Giorgia e dunque non lo fa? Del resto, proprio a proposito della vicenda Roccella, allora Schlein arrivò ad attaccare la contestata e non a condannare i contestatori, anzi le contestatrici: «Questo governo ha un problema con il dissenso».

IL PREMIER
Il centrodestra naturalmente fa quadrato intorno a Meloni. «Nel nuovo spirito repubblicano e costituzionale - ha detto il ministro dell’Istruzione, Valditara - non si può individuare nell’avversario un nemico». E comunque, nella pedagogia democratica di Mattarella è continua l’insistenza sul rifiuto dell’odio, del pregiudizio, dell’estremismo. E «non può essere ammesso nessun cedimento alle manifestazioni di intolleranza e di violenza», ha detto più volte il presidente. L’indifferenza e la sottovalutazione è ciò che, a questo proposito, preoccupa il Capo dello Stato. Ed è questa la ragione per cui ha voluto esprimere solidarietà a Meloni: un modo per sottolineare che certe manifestazioni di violenza non possono essere minimizzate e vanno invece segnalate con forza perché non producano emulazione. 


LA DIGA
La civiltà del dibattito politico è vista dal titolare del Colle come il prerequisito di tutto e come l’ubi consistam di un Paese che voglia sentirsi pienamente libero. Non si fa al Quirinale un discorso soltanto di bon ton o di fair play, si fa invece un ragionamento di cultura politica coniugato anche in prospettiva. Perché le tensioni sociali in Italia non mancano, le difficoltà economiche neppure, e non è venuto meno quel carico di aggressività nei confronti di chi viene ritenuto diverso da sé che troppi danni ha fatto finora e ancora può farne. E allora, Mattarella ha deciso di tracciare una linea, di costruire una diga, di ergersi - in quanto primo rappresentante delle istituzioni - a garante dell’agibilità democratica di tutti. Anche del capo del governo che di per sé è una figura divisiva - e anche molto divisiva come fu nel caso di Berlusconi, bersagliato da tutte le parti - ma Meloni ha il diritto naturale oltre che costituzionale a non venire bruciata in effigie. Perché certe immagini rischiano di fomentare un’aggressività pratica di cui non si sente minimamente il bisogno e che richiama altre stagioni, davvero pessime.

© RIPRODUZIONE RISERVATA