Bossi, Pontida, le piazze del "Capitano". L'album di Salvini per i 40 anni della Lega (ma la parola Nord sparisce)

Il segnale interno: sospesi i congressi. Sulle Europee le incognite Zaia-Vannacci

Bossi, Pontida, le piazze del "Capitano". L'album di Salvini per i 40 anni della Lega (ma la parola Nord sparisce)
di Francesco Bechis
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Sabato 13 Aprile 2024, 00:42

Quarant’anni entrano in una foto? No, bisogna scegliere. E ha scelto con cura, Matteo Salvini, insieme al suo team social, “La Bestia”, i pezzi di un collage per celebrare i quarant’anni della Lega, la lunga cavalcata del più longevo partito in Parlamento, dal sogno secessionista e l’atto fondativo in un anonimo studio notarile di Varese alla ribalta sovranista, la polvere e gli altari. 

IL RICORDO

Metà Bossi, metà Salvini. Sopra troneggia il Senatùr, una carrellata di istantanee dell’uomo forte di Gemonio che ha fondato la Lega lombarda e l’ha portata fino a Roma, avvolto dalle bandiere di San Marco, abbracciato a Silvio Berlusconi, l’amico-nemico di una vita. Sotto, lo spazio è tutto per il “Capitano”, la storia decennale della Lega salviniana tra alti (il 34 per cento alle Europee del 2019) e bassi (il calo alle urne e nei sondaggi degli ultimi tempi). Ma sono le assenze a farsi notare. Nella figurina celebrativa approntata dal team Salvini, manca la parola che unisce passato, presente e futuro della Lega: Nord. 

È un anniversario agrodolce, per “Il Capitano”. «Una storia di straordinario coraggio e visione», twitta Salvini di buon mattino per poi inabissarsi nella trafila di impegni del G7 Infrastrutture a Milano, che lo tiene a distanza, nel giorno dell’anniversario, da brindisi e memorial dei militanti padani. Alcuni improvvisati, altri no. Come il blitz che sotto casa del Senatùr, a Gemonio, ha lasciato una scritta indelebile in tinta verde: “Grazie Bossi”. Mentre ovunque nei paesini della Piana dove affonda le sue radici l’epopea leghista fioccano manifesti del fondatore affissi sui pali della luce, alla fermata dell’autobus. «Noi da 40 anni con la Lega lombarda», recita quello che va per la maggiore, sotto un disegno di Bossi che fa rimbalzare in mano una mela, sorridente.

Nostalgia di tempi andati, certo. 

Quella Lega non esiste più e anche legalmente ha ceduto il passo alla Lega Salvini premier, quando il segretario e oggi vicepremier ha deciso di abbandonare al suo destino la “bad company” del vecchio partito, sommerso di debiti e dagli scandali finanziari. Eppure si fa sentire, la “vecchia” Lega in questi giorni di dejavu e celebrazioni che parlano molto al presente. Con il segretario deciso a blindare il consenso delle politiche alle elezioni europee di giugno e a respingere al mittente gli assalti della fronda nordista, di chi, una minoranza, già vede l’era Salvini al tramonto.

L'AUTONOMIA

Ecco perché prende precauzioni. In mattinata l’omaggio al fondatore: «Non possiamo non ringraziare chi - come Umberto Bossi e Roberto Maroni - ha avuto la folle idea di iniziare questa storia emozionante». Poi la promessa di portare a termine la missione federalista, costi quel che costi: «L’Autonomia sta facendo concreti e decisivi passi in avanti. Auguri, Lega!». In serata rincara al Tg5: «Siamo nati autonomisti e federalisti e adesso l'autonomia arriva in approvazione in Parlamento. Siamo partiti da soli in alcune battaglie come quella contro l'immigrazione clandestina e l'estremismo islamico e gli italiani hanno visto la Lega passare dalle parole ai fatti».

L’approdo in aula della riforma che dovrà placare i malumori al Nord è già fissato: 29 aprile. Anche se un via libera prima del voto Ue di giugno è tutto fuorché scontato per le barricate delle opposizioni e perché gli alleati non brigano per accelerare sui tempi. Nei giorni dell’orgoglio leghista, comunque, Salvini prova a chetare le tensioni interne. Oggi, mentre la vecchia guardia di militanti andrà in processione a Gemonio nella flebile speranza di un’apparizione dell’“Umberto”, il segretario presenzierà online a un convegno sull’autonomia insieme al fedelissimo Roberto Calderoli. Domani invece sarà alla risottata di Varese, la festa del partito dove i fotografi in agguato attendono un solo scatto: una stretta di mano con il fondatore invitato con una lettera. La tregua del quarantenario. 

GLI UMORI

Sarà una festa sottotono, questo è certo. Da un lato Bossi, che ai suoi ha confidato la sorpresa per le poche visite ricevute, rispetto agli altri anni. E insieme i vecchi volti del partito ormai schierati contro Salvini, come l’ex ministro Roberto Castelli, arruolato nell’eccentrica armata di Cateno De Luca, Nord chiama Sud. Dall’altro i colonnelli rimasti al fianco del leader. Brindano all’ombra del Pirellone e sulle note del cantautore Van de Froos il governatore lombardo Attilio Fontana e il segretario della Lega lombarda Fabrizio Cecchetti. Che lancia un monito ai riottosi: «Non è il momento di parlare di congressi», chiude con una frecciata a chi vorrebbe andare alla conta delle tessere in Lombardia. 


E Luca Zaia? Non manca all’appello il governatore veneto che Salvini vorrebbe candidato alle Europee per trainare consensi, ora che la battaglia per un terzo mandato in Regione si è arenata in Parlamento. «Penso che restino assolutamente vivi i presupposti della prima Lega e Liga» sospira il “Doge”. La resa dei conti a via Bellerio, se mai ci sarà, è rimandata. E Salvini di passi indietro non vuole farne. Ha raccolto un partito sotto il 4 per cento, in fase quasi terminale. Ora spera ancora una volta di smentire i pronostici alle Europee, tra acchiappa-voti arruolati alla causa - è il caso della discussa candidatura del generale Roberto Vannacci, a un passo dall’ufficialità - e le nuove battaglie identitarie. 

L'ALBUM

Il collage di foto per le quaranta candeline leghiste parla da sè. Il messaggio è chiaro: guardare avanti, senza cancellare il passato. Eppure qualche defaillance c’è. La tela tessuta con la Russia di Putin, oggi rinnegata dal capo. E ancora, la convivenza stretta, a tratti strettissima al governo con Giuseppe Conte prima e Mario Draghi poi, il Papeete. Quei compromessi - ma oggi il mondo meloniano glieli rinfaccia come “inciuci” - che Salvini stesso ha riconosciuto essere costati cari in termini di consenso. Ovunque, il blu della Lega nazionale, sovranista domina il verde delle origini, del pratone di Pontida, delle valli solcate dal Po’. Scatti ormai rinchiusi nel rullino dei ricordi. 

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