Ermini, vicepresidente del Csm: «Lo stop alla prescrizione è contro il giusto processo»

Ermini, vicepresidente del Csm: «Lo stop alla prescrizione è contro il giusto processo»
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Sabato 22 Dicembre 2018, 11:36
Il vicepresidente del Csm, David Ermini, è fiducioso che la riforma del processo penale, annunciata entro un anno dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, tenga conto delle reali criticità e delle esigenze manifestate dagli attori principali del pianeta Giustizia, magistrati, avvocatura e tecnici. Anche se il ddl Anticorruzione è diventato legge senza tener conto delle critiche espresse dalle toghe, e ancor prima che il plenum del Consiglio superiore della magistratura approvasse un parere molto critico, soprattutto in relazione alle norme sulla prescrizione e sul daspo a vita per i corrotti, già reso noto dopo il voto in commissione.
Per uno dei componenti laici del Csm, il parere era già superato dai fatti e il voto del plenum inutile. Visto che l'Anticorruzione era già legge. Non è un passaggio da poco, non siete stati consultati prima della scrittura del provvedimento?
«La richiesta di parere sul disegno di legge è arrivata solo lo scorso ottobre, mentre quella sulla prescrizione soltanto dopo la presentazione dell'emendamento. Abbiamo fatto il possibile per fare in fretta, ma il nostro è un parere tecnico e ha bisogno di approfondimenti. È una materia delicatissima che non può essere trattata in modo superficiale».
Però le criticità che aveva espresso la commissione non hanno determinato alcuna modifica. I dubbi riguardano le modifiche alla prescrizione e la norma relativa al cosiddetto daspo a vita per i corrotti. Eppure la magistratura ha spesso invocato una sospensione della prescrizione.
«In realtà questa legge non prevede la sospensione, ma l'eliminazione della prescrizione a partire dalla sentenza di primo grado. Peraltro la norma non fa alcuna differenza tra una sentenza di condanna e una di assoluzione. Il rischio, alla fine, è che una persona assolta continui ad essere imputata per tempi indefiniti».
Bisognerebbe pensare alla depenalizzazione di alcuni reati?
«Penso che sarebbe opportuno. Si dice che le norme penali contengano oltre 30mila ipotesi di condotte criminose. Abbiamo troppe norme penali e troppe norme spesso senza sanzioni realmente efficaci ed effettive. Bisognerebbe seriamente pensare a una depenalizzazione ampia, trasformando i reati minori in illeciti sanzionati amministrativamente. In tal modo procure e tribunali sarebbero sgravati di un'infinità di microprocessi e potrebbero invece concentrarsi sui reati contro la persona e il patrimonio, sui reati economici e su altri reati gravi».
C'è anche un problema di tempi?
«Certo, bisogna stare attenti che l'eliminazione della prescrizione non ci faccia andare oltre i termini previsti dal giusto processo. Ricordiamoci che è un principio costituzionale. C'è comunque un aspetto, che è la vera questione della prescrizione, che la riforma non affronta. I dati parlano chiaro: nel 2014, su 132mila prescrizioni, 80mila sono intervenute nella fase delle indagini preliminari. Reati che, nonostante la riforma, continueranno a prescriversi. Il fatto è che bisognerebbe distinguere i reati a conoscenza istantanea da quelli che emergono solo molto tempo dopo e ipotizzare, per questi ultimi, che la prescrizione decorra dal momento in cui vengono scoperti. Ma a parte tutto ciò, il punto vero è che le modifiche serviranno a poco se non verranno supportate da assunzioni e da un forte investimento nella macchina della giustizia».
Le critiche non sono arrivate solo dal Csm.
«Una posizione critica l'hanno assunta anche le Camere penali e alcuni tecnici del diritto. Parlo a titolo personale, ma auspico che l'annunciata riforma del processo penale, che dovrebbe avvenire entro un anno, non riguardi solo la modifica delle procedure per le notifiche, ma che sia il frutto di un confronto con tutte le parti e preveda, ad esempio anche che si scorra velocemente la graduatoria degli idonei al concorso per assistenti giudiziari».
Anche la norma sul daspo a vita secondo il Csm non è risolutiva. Addirittura presenterebbe profili di incostituzionalità
«Il Csm non può fare valutazioni di costituzionalità e non le ha fatte neppure in questa occasione, rilevo però che di recente sulle pene accessorie che non lasciano spazio alla valutazione in concreto da parte del giudice è intervenuta la Corte costituzionale. Infine, si renderà necessario verificare con attenzione che non si ricorra a comportamenti volti ad aggirare gli effetti sanzionatori delle nuove norme attraverso l'utilizzo di prestanome».
Valentina Errante
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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