Giorgia Meloni, ecco perché non sarà alla fiaccolata per Paolo Borsellino

Il presidente del Consiglio ha spiegato di non poter partecipare quest'anno alla tradizionale fiaccolata in via D'Amelio per «altri impegni concomitanti». Lei stessa ha indicato la morte di Borsellino come uno dei motivi che la avvicinò, a 15 anni, alla politica

Chi era Paolo Borsellino e perché è nel pantheon della destra
di Riccardo Palmi
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Mercoledì 19 Luglio 2023, 12:58

Giorgia Meloni non ci sarà alla tradizionale fiaccolata per Paolo Borsellino in via D'Amelio nel 31mo anniversario della strage mafiosa che uccise lui e la sua scorta. La premier (in una lettera al Corriere della Sera) parla di «impossibilità» causata da «da altri impegni concomitanti» e attacca lo «stucchevole» tentativo di alcuni di strumentalizzare la sua assenza. Meloni è comunque andata a Palermo: alla caserma Lungaro ha reso omaggio alla lapide in ricordo dei poliziotti della scorta di Borsellino morti insieme a lui (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina). Subito dopo la premier ha preso parte a un comitato sull'ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura. Negli scorsi giorni si era a molto parlato di possibili tensioni per la presenza del Presidente del Consiglio alla fiaccolata, specie dopo le voci di possibili modifiche alla disciplina del concorso esterno in associazioni mafiosa. Ipotesi subito seccamente smentite dalla premier (e dal ministro della Giustizia Nordio), ma che avevano già dato il via a polemiche, con l'innalzamento della soglia di guardia. Peraltro, già nella commemorazione per Giovanni Falcone del 23 maggio scorso si erano verificati degli scontri tra forze dell'ordine e manifestanti davanti all'albero dedicato al magistrato in via Notarbartolo.

Meloni non sarà alla fiaccolata per Borsellino a Palermo, per la premier cerimonia ufficiale di omaggio a vittime strage di via d'Amelio

Il ruolo di Borsellino

Meloni (anche nella lettera di oggi) ha sempre ricordato come il sacrificio di Borsellino sia stata una delle vicende che la avvicinarono (allora era una quindicenne ragazza della Garbatella) all'impegno politico. La stessa leader di FdI ha rivendicato di aver «sempre orgogliosamente preso parte» alla tradizionale fiaccolata del 19 luglio.

Paolo Borsellino (politicamente vicino al Msi) entrò in magistratura giovanissimo, a 23 anni. Dopo gli inizi tra Mazara del Vallo e Monreale, nel 1975 arrivò all’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo. Con l’omicidio di Rocco Chinnici nel 1983, fu nominato a capo dell'ufficio Antonino Caponnetto e nacque il pool antimafia: l'idea, per l'epoca nuova, era creare una squadra di magistrati che lavorassero insieme e si scambiassero le informazioni. In più si ebbe l'intuizione di "seguire il flusso dei soldi", indagando e colpendo il patrimonio dei boss, anche sfruttando la legge Rognoni-La Torre del 1982 che consentiva il sequestro dei beni mafiosi. 

 L'estate del 1985 Falcone e Borsellino la trascorsero nella foresteria del carcere dell'Asinara (unico posto ritenuto sicuro) scrivendo la ordinanza-sentenza che rinviava a giudizio 475 mafiosi per il maxi-processo di Palermo. Nel 1987, al termine del processo, arrivarono 346 condanne, di cui 19 ergastoli (compresi quelli per Riina e Provenzano, allora latitanti). Anche la Cassazione confermò poi l'impianto accusatorio. Nacque allora la strategia dei "corleonesi" di dare inizio a una lunga sequenza di stragi: prima colpendo nel 1992 proprio i due magistrati simbolo del pool, poi passando nel 1993 su scala nazionale, con gli attentati di via Palestro (a Milano) e via dei georgofili, nei pressi della galleria degli Uffizi a Firenze.

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