Neri Parenti, da Fantozzi a Massimo Boldi fino a Maradona: «Il pibe ci fece disperare, i cinepanettoni? Finiti»

Il regista nato a Firenze nel 1950 ripercorre mezzo secolo della sua vita raccontando l'incredibile carriera sui set nostrani

Neri Parenti una vita dietro la cinepresa, Fantozzi, Boldi, De Sica e Maradona sul set: «Il pibe ci fece disperare»
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Martedì 3 Gennaio 2023, 10:15 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 14:46

Quasi 40 anni di carriera per altrettanti film all'attivo, questo è il regista Neri Parenti che, dopo quattro decenni passati sul set, si è consacrato come uno dei padri della commedia moderna italiana. Da Fantozzi, cha ancora oggi resta uno spaccato dissacrante dell'italiano medio degli anni '80 (e anche oltre), insieme a Paolo Villaggio, alla saga dei Cinepanettoni, i film comici di natale che per anni anno sbancato i botteghini del Belpaese grazie alla "coppia d'attacco" formata da Massimo Boldi e Christian De Sica. Senza dimenticare quella volta in cui diresse sullo schermo addirittura Maradona

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La carriera: gli inizi al fianco di Paolo Villaggio

In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, il regista nato a Firenze nel 1950, ripercorre mezzo secolo della sua vita raccontando l'incredibile carriera sui set nostrani, decollata anche grazie alla saga di Fantozzi nata nel 1980. Strano e inconsueto l'incontro avvenuto per la prima volta tra Parenti e Paolo Villaggio nella casa di quest'ultimo: «Suonai al campanello. Un cameriere spalancò un cancelletto cigolante e due cagnacci neri mi corsero incontro abbaiando e digrignando i denti. Ero stato scelto per co-dirigere "Fantozzi contro tutti", dopo l’addio di Luciano Salce, perché avevo 29 anni, dunque figura poco ingombrante, ma in compenso già rotto a qualunque catastrofe.

Mi era stato assicurato che Villaggio era entusiasta di lavorare con me. Venni condotto in salotto. La moglie Maura passò a salutarmi ma poi sparì, lasciandomi solo. Dopo un bel pezzo, si aprì un ascensore e apparve Paolo, in sandali e caffettano. “Scusi, lei chi è?”. Mi presentai. “Ah, quindi sarebbe lei, Neri Parenti? Credevo fosse un altro”. “Se vuole me ne vado”. “Ma no, già che c’è, resti”. 

Un primo dialogo che probabilmente non lasciò ben sperare il regista toscano, ma che in realtà avrebbe spalancato le porte a una collaborazione tra i due durata ben 13 anni, scanditi in particolare dagli scherzi "terribili" organizzati durante le riprese da Villaggio: «Paolo era cattivissimo, eppure lo amavano tutti. Se scopriva un tuo punto debole eri finito».

 

«Ne sa qualcosa Massimo Boldi», racconta Parenti, «aveva il terrore di impappinarsi. Paolo gli suggerì di masticare ghiaccio tritato con succo di limone prima di uscire in scena. “Vedrai, ti scioglie la lingua”. Invece gliela bloccò». Durante le riprese di "Scuola di ladri", fu ancora Boldi a cadere vittima di un terribile scherzo, questa volta però insieme a Lino Banfi: «Villaggio si era appassionato al sushi: invece del cestino, si faceva portare il pranzo da un ristorante giapponese. Massimo e Lino, incuriositi, vollero provarlo. “Certo, domani lo ordino pure per voi”. Ci trovammo nella sua roulotte. Davanti a quei graziosi bocconcini serviti su minuscoli vassoietti pieghettati, come pasticcini, i due poveretti se li infilarono in bocca con tutta la carta. Stavo per fermarli, Paolo mi prese per un braccio sussurrando: “Zitto! Vuoi rovinare uno dei momenti più belli della mia vita?”. E rivolto a loro: “Vi piace, cari?”. “Insomma...”». 

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Boldi-De Sica e i cinepanettoni 

Non poteva mancare il passaggio legato ai cinepanettoni, un genere durato quasi un trentennio e di cui il regista è stato artefice insieme a Christian De Sica e Massimo Boldi, racconta dei due: «Con Christian nel 1975 avevamo girato insieme "Conviene far bene l’amore", il suo primo film e anche il mio da aiuto regista di Pasquale Festa Campanile. “Tu che sei pratico, spiegami qui come funziona”, mi chiese. “Con me caschi male, non lo so nemmeno io”. Massimo era un po’ geloso di Christian perché, in quanto romano, era convinto che avesse più voce in capitolo, non era così. Per sicurezza contavamo le parole della sceneggiatura in modo che fossero uguali». Fino al giorno della separazione artistica tra l'attore romano e quello milanese: «Non hanno mai litigato, anche perché fuori dal set non si frequentavano, però andavano d’accordo. Si separarono per un mero problema contabile. Boldi discusse con De Laurentiis per il rinnovo del contratto e, scontento, se ne andò alla Medusa. Aurelio si impuntò e nel 2006 fece Natale a New York solo con Christian, mettendogli accanto Massimo Ghini, Claudio Bisio, Sabrina Ferilli, Fabio De Luigi. E al botteghino vinse lui, incasso quadruplo».

Sul genere dei cinepanettoni aggiunge: «Ormai purtroppo un genere finito, per mancanza di attori, di soggetti e di soldi. Per il primo, Vacanze di Natale ’95, girammo ad Aspen, in Colorado. Non c’era neve, perciò salimmo a 4 mila metri. Solo che, non essendo degli sherpa, si restava senza fiato dopo tre passi. Per Natale a Miami beccammo l’uragano Katrina. Chiusi in albergo con i sacchetti di sabbia alle finestre, vedemmo volare automobili, lampioni, alberi». 

Natale a New York, proiettato nella sale nel 2006, primo film senza la coppia Boldi-De Sica, doveva invece essere girato con entrambi nel 2001, ma fu interrotto per l'attentato al World Trade Center: «Avevamo già girato mezzo film, ultime scene proprio a Fiumicino, prima di imbarcarci. Era l’11 settembre. Attentato alle Torri Gemelle. Non partimmo più. Aurelio de Laurentiis non si voleva arrendere. “Tra qualche giorno sarà tutto a posto, ve lo garantisco”, ma gli attori erano scettici “Che ne sai? Hai parlato con Bin Laden?”. “Non ancora. Renata, mi cerchi il signor Bin Laden!”, disse alla segretaria, che non batté ciglio. “Certo, dottore, casomai lascio un messaggio”. Ripiegammo su Amsterdam e il titolo diventò Merry Christmas».

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Per "Tifosi" nel 1999 venne scritturato addirittura Maradona: «È stata dura. Accettò ma alle sue condizioni: non girare a Napoli, farlo in pochi giorni, poter interrompere appena era stanco. Affittammo un appartamento a Roma. Fino all’ultimo non sapevamo nemmeno se si sarebbe presentato. Arrivò di notte, scusandosi con tutti. Ci fece disperare. Alla fine mi regalò la sua maglia dell’Argentina con la dedica “Al mio regista preferito”». 

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