Mare Fuori, Marija racconta i suoi anni nel carcere minorile di Nisida: «Rubare era normale, poi il dolore di mio nonno. Ora sogno una famiglia»

Mare Fuori, Marija racconta i suoi anni nel carcere minorile di Nisida: «Rubare era normale, poi il dolore di mio nonno. Ora sogno una famiglia»
di Luca Uccello
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Venerdì 15 Marzo 2024, 10:39 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 11:50

«La vita in carcere è più dura, non ci sono le libertà che fanno vedere in tv». A dirlo con grande sicurezza al settimanale F è Marija. Ha 29 anni e una parte della sua vita la trascorsa dietro le sbarre. Nel carcere minorile di Nisida in cui è stato ambientato la serie Mare Fuori.

La prima volta in cui ci è finita è stata a 14 anni: «Sono di origine rom. Mi hanno sorpresa a rubare in un appartamento». Ci è stata reclusa per due anni. «E proprio lì è iniziato il mio riscatto», racconta. «Se oggi sono un’altra persona lo devo a Nisida, e a mio nonno».

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"F" racconta la sua storia.

Marija è nata a Napoli in una famiglia rom arrivata dalla Serbia anni prima. All'età di 11 anni, senza istruzione, viene avviata ai furti in appartamento: «Per me rubare era la normalità. Sono cresciuta con i miei genitori che mi spiegavano come fare. Mia mamma mi diceva: “Non devi avere paura. Se ti fermano, vengo dai carabinieri a dire che sei minorenne e ti riporto a casa”».

E così dopo tante denunce è arrivato il momento di finire dentro. «Conoscevo questo carcere: nel campo rom dove vivevo, diverse ragazzine c’erano state. Alcune raccontavano cose straordinarie per noi che vivevamo nelle tende, altre dicevano che erano state picchiate. Ero curiosa e nello stesso tempo impaurita. Ma ho scoperto che i loro racconti erano falsi, e le mie paure ingiustificate».

Per chi non lo sapesse stiamo parlando di una struttura penitenziaria per minori situato su un isolotto vulcanico collegato a Posillipo da un lungo pontile. 

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All'interno c'è un cineforum, corsi di teatro e di cucina e attività rivolte al recupero educativo e sociale dei ragazzi. «C’è la scuola dell’obbligo. Sono stata inserita in una classe, ho fatto gli esami di terza media. Le insegnanti mi trattavano come mamme. Ho scoperto che esiste un altro modo di vivere, che andare a rubare non è una cosa normale, e ho iniziato a desiderare di cambiare vita».

Ma dentro a Nisida, Marija si pente, capisce che vuole cambiare vita. Ma sapeva che «all’uscita sarei tornata dai miei genitori. E che loro mi avrebbero mandata a delinquere». E così è stato, Ma non ne poteva più. E così a diciassette anni Marija decide di scappare di casa per rifugiarsi da suo nonno, un rom con un lavoro, con una casa. «Era benestante. Era felice di avermi con sé. Voleva che studiassi, che mi trovassi un lavoro. Per la prima volta nella mia vita mi sono sentita amata e sostenuta. Ma di nascosto andavo a rubare. Era più forte di me, non riuscivo a smettere». 

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Il cambiamento

La beccarono ancora. Finì nuovamente in carcere. Ma ormai Marija era maggiorenne e per questo «sono stata portata nel carcere femminile di Pozzuoli. Da lì ho dovuto avvisare mio nonno. Al telefono, ho sentito la sua voce incrinarsi. Era deluso, disperato. E io devastata per il dolore che gli avevo provocato».

Una storia senza fine. Il nonno le chiedeva di smettere, lei prometteva e non manteneva. Fino a quando un giorno non si è impiccato. «Per giorni sono rimasta sdraiata sulla mia brandina, non riuscivo neanche a pensare. Lui era l’unica cosa che avevo, la mia unica speranza. E adesso non c’era più. Ero sola». 

Sola perché la famiglia, una volta uscita di lì l'avrebbe costretta a sposarsi, un matrimonio combinato. Lei non voleva. Così «ho iniziato a informarmi sull’esistenza di strutture alternative dove scontare una pena - racconta ancora al settimanale F - Mi hanno accolta al Centro Regina Pacis. Ho ritrovato alcuni operatori che avevo conosciuto a Nisida, persone meravigliose che mi hanno ascoltata. Ho iniziato un percorso psicologico, e corsi per imparare un lavoro e diventare autonoma finanziariamente. Ho preso la patente. Da quattro anni lavoro nel turismo. Leggo, mi informo. Vorrei riprendere gli studi». E ora sogna anche una sua famiglia.

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