Filippo Turetta, i genitori: «La ferita è ancora aperta ma il nostro posto è accanto a lui»

Nicola Turetta ed Elisabetta Martini: «Abbiamo capito che è il nostro posto, ci siamo riscoperti genitori di Filippo»

Filippo Turetta, i genitori: «La ferita è ancora aperta ma il nostro posto è accanto a lui»
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Sabato 3 Febbraio 2024, 10:44 - Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 15:21

Filippo Turetta è nel arcere di Montorio dal 25 novembre e dopo un periodo nell'infermeria è stato spostato in una normale sezione del penitenziario veronese. Viene ritenuto un «detenuto ordinario», è chiuso con un nuovo compagno di cella. E riceve le visite solo dei genitori, Nicola Turetta ed Elisabetta Martini. Che si sono confidati con don Franco Marin, parroco di Torreglia: «La nostra è una ferita aperta, che si è ricomposta solo in parte. Gli staremo vicini in tutti i suoi passi. Abbiamo capito che è il nostro posto, ci siamo riscoperti genitori di Filippo. Se non andiamo noi a trovarlo, chi gli starà vicino?», le parole riportate dal Corriere della Sera. Subito dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin, la reazione era stata diversa: i due avevano comprensibilmente quasi rifiutato e respinto quel figlio killer. Ma dopo alcuni mesi le cose sono cambiate.

«Di fronte ad un crimine commesso da un figlio è inevitabile l’atteggiamento di rifiuto - ha detto don Marin -.

Ci è voluto un po’, sono stati aiutati e hanno ripreso in mano il loro ruolo. Il senso del loro essere genitori riaffiora. Si è ricomposta la frattura. Di tanto in tanto questa cosa riemerge, a volte è travolgente, hanno un enorme senso di colpa. Che si scaraventa addosso alla loro fragilità umana che in fondo è quella di tutti».

La vita in carcere di Turetta

Turetta in carcere ha gli stessi diritti di tutti di altri. Dalla vasta raccolta della biblioteca di Montorio può leggere i titoli dei romanzi e dei saggi che di volta in volta richiede: le prime letture erano state il romanzo di Puskin "La figlia del capitano", e un giallo di Agatha Christie. Non può invece più giocare con la playstation, cosa che fece tanto discutere, perché la consolle dei videogiochi è una dotazione della sola infermeria. I testi dell'Università - era iscritto come Giulia a ingegneria biomedica - invece, non li ha più toccati. All'ateneo non risulta più alcun contatto preso da Turetta con il Dipartimento di Ingegneria.

 

«È troppo presto» dice chi conosce il mondo del carcere. Quasi mai chi è in attesa di giudizio, come Filippo, riesce a riaffrontare gli studi. Serve scatti «quel click» che di solito avviene quando il recluso capisce di dover affrontare la condanna dopo il processo. Chi è in attesa di giudizio «aspetta», non entra «in una logica di progettualità». Quando inizia a scontare la pena, invece, «deve dare un senso alla detenzione». Allora, assieme agli operatori del carcere, agli psicologi, può entrare in un progetto di lavoro o di studi. Cosa che per diversi condannati diventa il primo approccio con un livello di istruzione superiore. A Turetta mancavano tre esami per la laurea, quella che Giulia stava invece per affrontare, e che l'avrebbe probabilmente allontanata da lui in modo definitivo.

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