Federico Buffa: «Muhammad Alì il migliore, ora riempio i teatri parlando di sport»

Federico Buffa: «Muhammad Alì il migliore, ora riempio i teatri parlando di sport»
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Domenica 11 Febbraio 2024, 09:50

Federico Buffa è un straordinario cantastorie. Un menestrello del nostro millenio. Uno che quando parla ti rapisce. Un esperto di basket, Nba per la precisione. Con il basket ci ha giocato. Ha tentato la fortuna in America, poi è stato un agente di cestisti. La prima non è andata benissimo però. «Fu un regalo di papà perla maturità classica - racconta al Corriere della Sera - Aveva già provato a farmi studiare negli Usa. Il pass andava però conquistato. Due giorni di selezioni a Como. Verdetto: inadatto al mondo americano. Mio padre la prese male, io con filosofia. Quando mi fece quel dono, scelsi Ucla».

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Poi l'agente. «Prima però, quando ero ancora studente,fui coinvolto da Guido Bagatta.

Mi chiese di partecipare all’ingaggio di cestiste negli Usa. Tramite la sua allenatrice, che aveva conosciuto, aveva fatto venire in Italia Lynette Woodard, la più forte di tutte. Per un po’ fui il legale di Guido: devo a lui tante cose imparate».

Tornato da Ucla ha scritto, ha fatto per un po' il giornalista. Poi si è fermato. «Per un po’ ho dovuto fare l’avvocato, senza esserne in grado: non ho mai praticato ed è stato un bene pertutti. Ero però bravino a fare contratti: anni dopo ne lessi qualcuno, c’era qualcosa di familiare». Iniziò con le radiocronache di pallacanestro. La prima con l'Olimpia. Poi l'incontro con Flavio Tranquillo.

Nel calcio tifa senza alcun dubbio il Milan. «I miei genitori mi fecero vedere, a 6 anni, il Milan. Non potevo esercitare il libero arbitrio: mamma ha una foto con la bandiera della finale della Coppa dei Campioni vinta nel 1963. Il Milan è l’unico club vincente tra quelli per cui simpatizzo. Amo squadre derelitte, problematiche o andate a rotoli».

L'amore per lo sport e per la narrazzione lo ha fatto diventare un personaggio tra i personaggi: Ma le emozioni le danno loro, come racconta ancora al Corsea: «Alì nello sport, assieme a Pierino Prati e a Chuck Jura, miei beniamini. Extra sport direi Enrico Mattei e Adriano Olivetti. Pensando al mondo, voto per Nelson Mandela». E Gigi Riva? «Il top: siamo orfani quando perdiamo chi ci ha fatto amare lo sport. Andavo in bici a Leggiuno, che faceva comune con Sangiano: casa sua era a 300 metri dalla mia. Sapevo anche dove andava a fumare. Ho dovuto narrare pure il suo lato ombroso: ignorarlo avrebbe reso incompleta una strepitosa vicenda».

Tanta televisione, tantissimi personaggi raccontati come non lo sono mai stati prima. Ora il teatro. «Resto sorpreso da quanti giovani ci sono. Sono del 1959 e di un altro “pianeta”. Però certe storie hanno evidentemente acquisito attualità nella contemporaneità».

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