Bruno Vespa su Berlusconi: «Non amava molto andare in tv. Nel 2022 rifiutai la sua offerta»

"La prima volta ci siamo visti nel ‘91, l’ultima telefonata sabato scorso. Il suo capolavoro? Il discorso di Onna "​

Bruno Vespa: «Berlusconi non amava molto andare in tv, nel 2022 rifiutai la sua offerta»
di Mario Ajello
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Martedì 13 Giugno 2023, 23:52 - Ultimo aggiornamento: 15 Giugno, 11:03

Bruno Vespa, lei lo conosceva bene. Quali i tre aggettivi che meglio descrivevano Berlusconi
«Geniale, generoso, impertinente». 

Un ricordo particolare di lui? 
«Quando venne a firmare il Contratto con gli italiani. Ce lo aveva già pronto. Poteva firmarlo in prima serata in qualcuna delle sue tivvù invece lo convinsi a farlo in seconda serata a Porta a Porta dicendo che sarebbe stato un gran colpo. E così fu». 

Adorava andare in tivvù? 
«Nient’affatto.

Al di là di quello che si pensa, non amava assolutamente andare in video. Veniva da noi solo nelle occasioni elettorali. Bertinotti e Casini, nella storia di Porta a Porta, hanno avuto più presenze. Di Berlusconi ricordo che quando veniva nei momenti per lui politicamente difficili gli facevo trovare la scrivania impolverata e gli dicevo: si svegli, Presidente!». 

La prima volta che vi siete incontrati? 
«Nel 1991, a un convegno organizzato dal ministro delle poste e telecomunicazioni, Vizzini. Io rappresentavo la Rai e Letta la Fininvest. Gianni mi presentò Berlusconi. Il quale mi disse: voi della tivvù pubblica e noi della tivvù commerciale dobbiamo andare d’accordo e convivere. Mi spiegò in pochi minuti il duopolio. Mi ha sempre considerato, e giustamente, un uomo Rai. Il che, negli anni ‘80, significava appartenere a quel partito che Biagio Agnes soprannominò Chillo adda murì. Chillo cioè Berlusconi, che ci aveva strappato star del calibro di Baudo e Carrà. E pensi che, quando era ministro Mammì, io gli dissi: se non mettiamo qualche vincolo, Berlusconi che per ora ha due reti ne avrà presto tre, proprio come la Rai e non va bene. Il mio timore si sarebbe concretizzato poco dopo».

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Ma Berlusconi non se l’è mai presa con lei?
«Ha sempre saputo che io ammiro Mediaset. Mi ha anche fatto offerte generose per andare a lavorare con loro, nel 2021 e nel 2022. Ma io gli ho risposto: finche non mi cacciano, resto in Rai». 

Quando ci ha parlato per l’ultima volta? 
«Sabato scorso. Eravamo a Manduria, Salvini lo chiama al telefono subito dopo la partita dell’Inter, parlano di calcio e di politica, e poi me lo passa. L’ho sentito lucido ma aveva poca voce. E io che speravo di portarla in trasmissione, a 5 Minuti, entro giugno, ho capito che non si poteva fare».

E l’ultima volta che vi siete visti? 
«Nell’ottobre dell’anno scorso. Ad Arcore, per la preparazione del mio libro, dopo la vittoria elettorale di Giorgia Meloni».

 

E’ vero che Berlusconi aveva preso male il successo della sua giovane ex ministra? 
«No, è solo che gli pareva inconcepibile, ma poi gli è passata, che potesse esistere un governo di centrodestra non guidato da lui». 

Secondo lei davvero era di destra Berlusconi? 
«Non lo era proprio. E’ stato un liberal-socialista. E ho trovato assurdo che venisse definito il Cavaliere Nero. E’ stato uno che ha portato nel gioco democratico la destra post-missina di Fini e la Lega secessionista di Bossi, il che è stata un’operazione in favore della nostra Repubblica». 

Però populista lo è stato. 
«Non sono ancora riuscito a capire che cosa significa questa parola. Se populista vuol dire rappresentare le grandi masse esaltandone i valori, i desideri, le frustrazioni, allora è stato populista. Come altri politici democratici. Ma la definizione che gli si adatta meglio è questa: un leader profondamente popolare, molto divisivo ma più amato che odiato». 

Soprattutto dai giudici? 
«Non so quanti avrebbero resistito. E’ stato l’unico politico che, per 30 anni, ha avuto i fascicoli giudiziari aperti e 4 inchieste sono ancora in piedi. Varie volte l’ho visto abbattuto, perché non vedeva la fine del tunnel. 36 processi sono un’enormità». 

Il suo punto più alto?
«Non lo dico solo da abruzzese ma da italiano: il suo capolavoro è stato discorso del 25 aprile ad Onna, dopo il terremoto del 2009. Persino Eugenio Scalfari ammise: ha fatto un discorso da statista».

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