Nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Roma per omicidio colposo, è stata fissata ieri la tabella di marcia degli accertamenti medico-legali per chiarire le cause della morte del giornalista Andrea Purgatori. Martedì sarà svolta la tac, anche per accertare la presenza o meno di metastasi o tracce di eventi ischemici al cervello. Mercoledì invece sarà effettuata l’autopsia al Policlinico di Tor Vergata. I due medici indagati - il professor Gianfranco Gualdi, responsabile della radiologia della clinica Pio XI, e il dottor Claudio di Biasi, membro della sua equipe- sottolineano attraverso il loro legale che la diagnosi e la terapia approntata sono state corrette.
Andrea Purgatori, di cosa è morto?
Dal 1981 consulente radiologo del Vaticano, Gualdi è stato anche responsabile del servizio di Radiodiagnostica per la Roma Calcio dal 1977 al 2000. «Rispettiamo il dolore della famiglia e ci sottraiamo dal processo mediatico - ha commentato l’avvocato Fabio Lattanzi - Speriamo che il clamore si attenui e siamo sicuri che gli accertamenti tecnici dimostreranno la correttezza del loro operato».
LA VICENDA
Al giornalista, morto il 19 luglio, i primi di maggio era stato diagnosticato dal professor Gualdi, un luminare conosciuto anche come il radiologo dei Papi, un tumore al polmone con metastasi al cervello, da qui la scelta di sottoporlo ad una radioterapia ad alto dosaggio all’encefalo.
Per far luce su tutto questo, i pm hanno chiesto ai propri consulenti (i dottori Luigi Tonino Marsella, Alessandro Mauriello e Michele Treglia) di indicare «l’epoca della morte, la causa della stessa, i mezzi che la hanno determinata e ogni altra circostanza utile». Avranno 60 giorni per spiegare se siano stati commessi «atti di imprudenza, negligenza e a chi siano addebitabili». I medici dovranno verificare, partendo proprio dalla tac che verrà eseguita martedì, se vi fossero realmente delle metastasi al cervello e se il decesso di Purgatori sia stato determinato dagli effetti collaterali della radioterapia all’encefalo. Bisognerà insomma stabilire se vi sia un nesso causale tra la terapia somministrata sulla base di un’eventuale diagnosi errata e la morte del giornalista.