Addio Adriano Amati: «Eri come un padre». Pugile e rugbysta scomparso a 86 anni. Aveva fondato la “Tevere”

Addio Adriano Amati: «Eri come un padre». Pugile e rugbysta scomparso a 86 anni. Aveva fondato la “Tevere”
di Giacomo Rossetti
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Mercoledì 16 Novembre 2022, 07:32 - Ultimo aggiornamento: 16:03

Un capitano non abbandona mai la sua ciurma. E Adriano Amati, scomparso ieri a Udine a 86 anni, è stato molto di più: un allenatore di rugby, un leader, un secondo padre per decine di ragazzi romani, la sua ciurma. Amati fu l’uomo che creò nel ’77 la Lazio Racing Club, poi divenuta Tevere Rugby Club, la prima squadra autofinanziata della Capitale, che per 21 anni (fino a quando confluì nel CUS Roma) ha rappresentato un unicum nel panorama rugbistico nazionale. Una nave pirata, di cui lui reggeva il timone.


IL FIGLIO
Fabrizio Amati, 61enne ex ufficiale dell’Aeronautica Militare, è uno dei due figli di Adriano. «E’ stato un ottimo padre, un grande amico e una persona che aveva dei punti fermi: l’amicizia, lo sport, la beneficenza. Ne faceva tanta, anche a nostra insaputa». Amati senior, prima di scoprire il rugby, fu un signor pugile: campione italiano Dilettanti dei pesi massimi nel ’57, poi 14 incontri da pro’. «Avrebbe dovuto partecipare alle Olimpiadi di Melbourne ’56, ma suo padre non glielo permise», svela il figlio. «A papà il professionismo non piacque, preferiva il dilettantismo. Della palla ovale adorava invece la condivisione di vittorie e sconfitte, che nella boxe non c’è». Adriano praticava anche canottaggio e bob, sportivo a tutto tondo. Gli ultimi anni, piegato dall’Alzheimer, sono stati pesanti: «La malattia l’ha bastonato, ma lui non si arrendeva all’evidenza», continua Fabrizio, che ha giocato a rugby (ma nella Lazio) come pilone sinistro fino a 22 anni. «Papà vedeva i suoi giocatori quasi come figli, e per loro creò una realtà unica».


L’ALLIEVO
«È stato molto più un maestro di vita che di rugby», esordisce Edoardo Felsani, imprenditore farmaceutico che per vent’anni ha giocato nella Tevere come tallonatore. «Adriano ha fatto qualcosa di eccezionale, creando un gruppo irripetibile formato da ragazzi di tutti i tipi».

In quella squadra c’erano figli di manovali e di notabili, alcuni erano stati tolti dalla strada proprio da Amati «perché eravamo a fine anni Settanta, periodo turbolento anche per la politica», sottolinea Felsani, classe 1958. Una banda di «brutti, bruschi, schietti, gretti, cafoni e principi, accaniti e viziati, bravi e meno bravi», per usare le parole di Giorgio De Angelis, membro della Tevere scomparso troppo presto. Adriano Amati adorava i suoi ragazzi, li aiutava di tasca sua e li ammoniva sul valore dello studio.

«Ci diceva spesso “Ci sei andato a scuola?”», sorride Edoardo. «Mi ha insegnato a non tradire mai un amico, e il valore di essere squadra». Perché ad Amati non interessava se la Tevere vinceva o perdeva, l’importante era «uscire dal campo a testa alta». Tanti di quei ragazzi hanno avuto carriere di successo: «Chirurghi, giornalisti, giudici e avvocati di altissimo livello – spiega Edoardo – Nella Tevere hanno giocato - tra gli altri - Claudio Sposito, ex ad di Fininvest e inventore del fondo Clessidra; e Roberto Reali, oggi presidente del Tribunale di Roma».

Nonostante passassero i decenni, i membri di quel gruppo non hanno mai smesso di amarsi e cercarsi a vicenda, «cenando insieme tutti i lunedì sera, o trascorrendo Capodanno con le famiglie – continua Felsani – La volta che saltammo questa ricorrenza, recuperammo i primi di gennaio!». E tutto questo è merito di Adriano, quello che quando si massaggiava il petto «ti dovevi allontanare, perché stavi dicendo qualcosa che non gli andava a genio e poteva arrivarti uno scappellotto micidiale (ride, ndc)».

Domani si terranno i funerali a Udine, e vi prenderanno parte tanti ex rugbysti. «Arriverà il momento di dedicargli un trofeo. Per adesso lo ricorderemo nel memorial che tra giugno e luglio organizziamo per celebrare chi ci ha lasciato».
 

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