E le donne scesero dai tacchi

E le donne scesero dai tacchi
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Venerdì 28 Novembre 2014, 06:24
L'INTERVISTA
Sneaker, moderno oggetto del desiderio. Ma forse non tutti ricordano che in principio fu Hogan Traditional. Era il 1986 quando vide la luce la prima scarpa che introduceva il concetto di casual luxury e lo rendeva un classico. Adesso è facile: per ogni brand in questa stagione la sneaker è irrinunciabile. Ma tutto è cominciato appunto con lei, la Traditional, prima sneaker urbana ispirata al mondo del cricket. E lì si accende la spia: il tocco rivoluzionario è l'eleganza informale. Traditional diventa oggetto di culto e non basta più: nel 1997 arriva Interactive, il best seller Hogan, icona mondiale dell'easy chic. Alzi la mano chi non la conosce, chi non ne ha un paio nell'armadio. È la scarpa che ha fatto scendere le irrinunciabili del trampolo dal tacco 12 per planare sul pianeta Terra esclamando: «Ma guarda cammino spedita e sono di moda». Sono passati sedici anni e Interactive continua a marciare record e a evolversi. La filosofia Hogan è subito detta: casual luxury per un lifestyle completo. Gli indispensabili Hogan si trovano nei negozi monomarca e dettano la nuova bellezza. Pezzi iconici e novità, grandi classici a braccetto con la ricerca tech più spinta. L'evoluzione della sneaker Hogan la racconta il presidente del marchio (e vicepresidente del gruppo Tod's) Andrea Della Valle.
Come sono nate Traditional e le Interactive di Hogan?
«Negli anni anni Ottanta presentare una fashion sneaker urbana era impensabile. Vivevo negli Stati Uniti e notavo che le donne andavano in ufficio con una scarpa comoda che si affrettavano a cambiare. Un po' l'immagine del film Una donna in carriera con Melanie Griffith. Tornato in Italia, ho pensato di creare un prodotto che unisse praticità e modernità, da indossare in ufficio e fuori. Nell'aria c'era voglia di andare oltre la formalità, che con le Traditional abbiamo colto in pieno».
E sviluppato con le Interactive, il modello più imitato e best seller.
«Questo perché c'è concretezza nel nostro progetto, che non si è esaurito in poche stagioni. Attorno a Interactive si è creato uno stile di vita, il casual luxury, una filosofia cui adesso altre griffe si sono avvicinate».
È il caso di Karl Lagerfeld con Chanel.
«Certo, ed è ancora più gradito perché Lagerfeld qualche stagione fa ha collaborato con noi con grande successo. Ora si è innamorato anche lui di questa filosofia. La differenza rispetto ad altri dipende dal passato: noi contiamo su tre generazioni di storia e questa eredità si sente e si traduce in proposte moderne, attuali, che coniugano contemporaneo e classico. Sono gli ingredienti che fanno di Hogan un marchio di successo. Ma non ci siamo fermati con Interactive».
Infatti c'è Hogan Atelier, la sneaker haute couture che partendo da Interactive elabora creazioni di pezzi unici, arricchitasi anche di una special edition sposa.
«Bella storia anche questa, iniziata quasi come un gioco, per interpretare il nostro modello iconico in modo molto speciale. Adesso le Atelier, grazie anche agli input dei nostri clienti, sono diventate quasi pezzi unici. In questa stagione le Atelier sono d'ispirazione per molti altri marchi. La loro lavorazione è frutto di artigianalità italiana, che le impreziosisce con paillettes, cristalli e perle. I clienti internazionali arrivano in negozio e le ordinano: ci vuole anche un paio di mesi di attesa ma è un bell'oggetto».
Non solo Interactive però.
«L'ultima nata, la 222, piace tantissimo anche all'estero e traduce in maniera ancora di più sofisticata l'idea della sneaker».
Una donna che entra in un negozio Hogan cosa cerca?
«Praticità legata alla modernità, funzionalità, pezzi contemporanei ma non trasformisti. Il motto è essere attenti alla moda ma non modaioli. Da Hogan (e da Tod's) ci si aspetta un'emozione che duri, non la scarpa o la borsa che l'anno dopo sono già un deja vù».
Un classico attento alle tendenze.
«Di tendenza ma sempre appropriato: Interactive di due stagioni fa è moderna e le donne lo apprezzano. Le Hogan durano troppo, come dico sempre scherzando».
E per l'uomo? Voi parlate di casual business.
«È qualcosa che ho captato personalmente negli ultimi dieci anni. L'uomo d'affari che prende il treno e l'aereo e deve affrontare diverse situazioni e impegni magari preferisce non portare più la cravatta ma sentirsi a posto dall'ufficio all'aperitivo, fino al teatro. Con la stessa scarpa riesce a essere in tutti questi ambienti anche con differenti immagini e look di sé. Formula che sembra scontata ma dieci anni fa siamo stati pionieri: scelta coraggiosa che ci sta premiando».
Dove sono i mercati di maggior penetrazione?
«L'Italia è main country e se siamo diminuiti un po' solo è per una selezione naturale che abbiamo fatto in questi anni ed era giusto fare. L'Europa sta crescendo tantissimo (Francia, Germania, Inghilterra, Spagna), come Cina e Hong Kong, che ci stanno dando buone soddisfazioni. In Asia adesso la filosofia del casual business sta penetrando: qualche anno fa non erano ancora pronti a recepirla, ora stanno diventando molto sofisticati».
A proposito di sofisticati il vostro ultimo progetto è Hogan Club sul web: realtà nuova e sperimentale.
«Hogan Club è un consesso virtuale dove si ritrova chi sceglie il marchio Hogan. Sono creativi, imprenditori, cantanti, architetti, giovani e meno giovani, virtualmente iscritti a questo club dove ci si scambia idee, si vive la notte ed è un momento di confronto fra generazioni e stili di vita diversi, accomunati dall'idea di easy luxury. È un club virtuale ma abbiamo organizzato anche one night e party veri in molti club del mondo».
Per finire una curiosità: lei veste Hogan allo stadio per vedere la Fiorentina?
«Principalmente, ma a volte devo fare contenta la casa madre e quindi indosso le Tod's».
Paola Pastorini
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