IL RAID
Sui cieli del sud del Libano, dove operano 1300 militari italiani, i razzi sono partiti di continuo: qualcuno ha subito parlato di cento missili, ma col passare delle ore la stima sembra essersi ridotta. E infatti l'Idf israeliana si ferma a quota 34, precisando che ben 25 sono stati intercettati. Il bollettino finale comunque cambia poco e la mappa delle zone colpite si è allargata in poco tempo. I video circolano subito sui social: una stazione di servizio centrata in pieno, capannoni in fiamme, case circondate dal fumo, rifugi pubblici aperti in fretta e furia e apparati della contraerea, i potentissimi Iron Dome, che si mettono in azione nel nord della Galilea. I feriti, secondo le autorità israeliane sono solo due, ma i danni sembrano ingenti. E a spaventare l'Onu, garante della pace in questa fetta di Medio Oriente, è la prospettiva di una nuova escalation.
Il governo israeliano riunisce i vertici della sicurezza nazionale e annuncia una risposta (nella notte anche un attacco a Gaza) ma il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres interviene per condannare gli attacchi e chiedere «a tutti gli attori di esercitare la massima moderazione». L'appello è chiaro: «Evitare qualsiasi azione unilaterale che possa portare a un'ulteriore escalation». Il Libano esclude un suo coinvolgimento, anzi il governo offre collaborazione e si appella all'Onu perché intervenga ed eviti la ripresa delle ostilità. Anche Hezbollah dice di non essere mandante di questo attacco e mentre le forze armate libanesi (quelle Laf che gli italiani stanno anche addestrando) trovano e sequestrano alcune postazioni già allestite per il lancio di altri razzi, i sospetti si concentrano su Hamas. E quindi sul fronte della lotta palestinese, che avrebbe sfruttato il territorio libanese per organizzare la rappresaglia che segue le tensioni sulla spianata di Gerusalemme.
GLI ITALIANI
L'incubo del replay della guerra del 2006 è dietro l'angolo e in mezzo ci sono gli italiani, chiamati a gestire il Sector West della missione Unifil, cioè quella zona del Libano su cui da sempre si concentrano i rischi maggiori. I paracadutisti della Folgore operano su diverse basi. Sull'avamposto 1-31 ma anche a Shama - dove si trova il quartier generale del comando italiano - e a Naqoura. Tutte zone non distanti dal punto in cui sono partiti i razzi e dove si rischia una nuova controffensiva israeliana. L'allarme nelle basi in cui sventola il tricolore ieri pomeriggio è scattato subito e tutti i soldati si sono messi al sicuro nei bunker. La situazione resta di altissimo rischio ma il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha deciso di non cancellare la visita in Libano. Al suo arrivo a Beirut, accompagnato dall'Ambasciatore d'Italia in Libano, Nicoletta Bombardiere, è stato accolto con una salva di razzi lanciata da Tiro. Ha incontrato il primo ministro Najib Mikati e oggi saluterà gli uomini del contingente italiano schierato tra Beirut e le basi nell'infuocato sud.
Nicola Pinna
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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