Obama: «Guerra all'Isis con quaranta alleati ma nessun soldato Usa»

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Giovedì 18 Settembre 2014, 05:54
LA GUERRA
NEW YORK «Le truppe americane che partono per andare ad addestrare i soldati iracheni non hanno e non avranno istruzioni per partecipare a un conflitto». Barack Obama è andato a Tampa in Florida, al comando centrale Centcom, per scandire queste parole nelle orecchie dei militari che si apprestano a partire per la missione contro l'Isis. Troppo grande era la confusione, dopo le affermazioni che il generale Dempsey aveva pronunciato il giorno prima a Washington, quando il capo delle forze armate Usa aveva detto in senato che se necessario, durante il corso della missione, avrebbe chiesto al presidente il permesso per far scendere in battaglia i soldati Usa a fianco di quelli iracheni.
Il presidente ha detto agli uomini in divisa che non li impantanerà in un'altra guerra dall'esito incerto. Tocca alle popolazioni locali dell'Iraq e della Siria combattere per liberarsi dalla minaccia di uno stato islamico. Se l'America è coinvolta in questa lotta, e ne ha anzi già preso il comando, è perché il suo ruolo nel mondo è quello di guida della comunità internazionale. Così ora gli Stati Uniti conducono una coalizione che continua ad allargarsi: «Sono con noi oltre 40 paesi» ha detto ieri Obama.
ALLA CAMERA

Obama era circondato da giovani in mimetica, ma parlava in realtà al paese, che si è immediatamente irrigidito dopo le affermazioni di Dempsey. La prova è nel dibattito alla camera sull'autorizzazione ad impiegare personale militare americano per addestrare i militanti siriani che vorranno combattere per sconfiggere l'Isis. La proposta era stata presentata con un'inedita convergenza di vedute tra maggioranza ed opposizione, e il voto in favore era dato per scontato. Ma in aula si è assistito a forti prese di posizione dalle due parti politiche, contro ogni possibilità che i raid aerei si trasformino in una partecipazione ai combattimenti. L'autorizzazione è limitata e temporanea, e il rinnovo a dicembre sarà oggetto di ulteriore verifica. Il consenso per l'iniziativa è alto ma non plebiscitario, sia tra i politici che tra la popolazione che ancora una volta guarda con scetticismo ad una porzione di mondo così distante ed aliena dalla vita quotidiana. C'è però la cronaca a rinforzare il senso d'urgenza con il quale il governo si sta muovendo.
LO YEMENITA

Ieri mattina gli americani si sono svegliati guardando in televisione il volto barbuto di Mufid A. Elfgeeh, uno yemenita naturalizzato negli Usa che lavorava come manager di un supermercato nella città di Rochester nello stato di New York. Lo scorso maggio era stato arrestato, incastrato da due agenti dell'Fbi che gli si erano presentati come aspiranti combattenti per l'Isis, e avevano ricevuto da lui promesse di aiuto per raggiungere il teatro di guerra. Ieri l'agenzia federale ha confermato il sospetto che si tratti di un reclutatore, a caccia di volontari sul suolo americano. Nel commentare la notizia il capo della polizia newyorkese Bill Bratton ha detto che «stiamo entrando in una nuova era di potenziale minaccia terroristica», alimentata dalla padronanza delle nuove tecnologie.
Flavio Pompetti
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