Cinese trovata morta, la rabbia dei giovani della comunità romana: «L'Italia ci protegga di più»

Zhang Yao
di Alessia Marani
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Sabato 10 Dicembre 2016, 00:05
«Zhang Yao ha fatto una morte assurda, inaccettabile. Il papà e lo zio ora hanno solo parole di odio per Roma, la mamma sta male, è già così fragile, quando saprà che la figlia è morta, a nemmeno 20 anni in questo modo, le si spezzerà il cuore». Song Yai, “Lorenzo” in italiano, studia nella Capitale da quattro anni. Anche lui frequenta l’Accademia delle Belle Arti a due passi da piazza del Popolo. Il suo volto è teso, è pieno di rabbia.

«Abbiamo paura, siamo terrorizzati e delusi - dice, circondato da altri studenti asiatici - Non siamo sicuri. Arriviamo qua convinti di trovare il Paese più bello del mondo, pieno di arte, di storia, quasi perfetto. Così ce lo descrivono nei video che ci fanno vedere in patria per promuovere questi viaggi di studio, ma poi arriviamo qua e ci scontriamo con la realtà che è ben diversa. Non c’è uno di noi che non abbia subito rapine o furti. I rom ci prendono di mira, ci sputano e ci prendono a parolacce, pensano che portiamo molti soldi contanti, che siamo dei bancomat. Ma non è vero non siamo ricchi, fatichiamo e lavoriamo anche in Italia per mantenerci agli studi». 

LE PREOCCUPAZIONI
L’sos degli studenti è rimbalzato all’Ambasciata cinese di via Bruxelles dove ieri in serata c’è stata una riunione tra l’ambasciatore e altri funzionari per fare il punto sulla drammatica morte di Zhang Yao, scippata e poi travolta da un treno nel tentativo di inseguire quei balordi. Da una parte c’è il ringraziamento nei confronti delle forze dell’ordine che subito si sono adoperate nelle ricerche e l’auspicio che si adempiano al più presto tutte i passi indispensabili alle indagini per poi portare la salma in Cina e trovare i responsabili; dall’altra si profila una richiesta alle autorità italiane di «maggiori sforzi, indispensabili per ridurre le preoccupazioni della comunità cinese in Italia e a Roma, soprattutto tra gli studenti, perché vivono lontani dalle famiglie», come spiega un portavoce. 

Preoccupazioni condivise pienamente da Lucia king, rappresentante della comunità cinese a Roma. «Sin dall’inizio ho avuto un brutto presentimento - dice - anche perché la ragazza parlava bene l’italiano e se avesse avuto un problema si sarebbe potuta mettere in contatto con chiunque. Nella nostra comunità adesso c’è molta rabbia. È assurdo che una persona venga rapinata in pieno giorno a due passi dalla Questura. Come è possibile?». Il clima è di quelli che si respirava nel gennaio del 2012 quando un commerciante di Torpignattara, Zhou Zeng e sua figlia Joy di appena 9 mesi, vennero uccisi da due rapinatori marocchini. Allora la comunità cinese scese in piazza, all’Esquilino in migliaia presero parte a una fiaccolata. 

«LAGGIÙ DA SOLI NON ANDIAMO»
Seduto sulle panchine del cortile delle Belle Arti c’è anche un gruppo di liceali filippini, hanno tutti tra i 17 e i 18 anni, confessano di avere paura ogni volta che vanno all’Ufficio Immigrazione di Tor Sapienza a rinnovare i documenti, come aveva fatto Zhang Yao quella mattina prima di essere derubata. «Da soli non ci andiamo mai, alla fermata dell’autobus c’è solo brutta gente e lo scenario dei campi nomadi attorno è inquietante». Accanto a “Lorenzo” c’è un’altra studentessa, Luce, anche lei da quattro anni nella Città Eterna.

«Povera Zhang Yao, era al primo anno. Mi fa orrore come è morta. Ma bisogna stare attente perché qui mica è come in Cina dove se sbagli paghi e non ti azzardi. A me, appena arrivata, hanno subito rubato il portafogli a bordo del bus 117. È stato il benvenuto, da allora sto attentissima». Un altro studente cinese racconta: «Una volta uno zingarello ha provato a rubarmi il cellulare in metro mentre si chiudevano le porte, l’ho bloccato, ho chiesto aiuto a un vigilante, ma ha allargato le braccia dicendo che tanto non serviva a niente. Sa adesso cosa faccio? Giro con un coltellino in tasca».

BUSINESS E BUROCRAZIA
Anche alle Belle Arti da qualche anno è attivo un accordo tra i governi italiano e cinese per l’inclusione di studenti asiatici. Ogni anno ci sono a disposizione circa cento posti. Un sogno, ma anche un business. Un anno fa era stata persino denunciata un’associazione che faceva delle preselezioni facendo finta di avere il mandato dell’Accademia. Un professore, all’uscita, è perplesso: «Oggi c’erano più cinesi che italiani, e molti neanche sembrano capire l’italiano».

«I genitori di Zhang Yao hanno pagato tremila euro per iscrivere la loro figlia e ora gliela ridanno morta, è ingiusto», affonda Lorenzo. Luce dice di avere pagato «500 euro, ma ognuno a seconda della borsa di studio ha tasse diverse. Non siamo ricchi, i veri ricchi vanno a studiare in Canada. E per rinnovare il permesso di soggiorno per motivi di studio ogni 5/7 mesi dobbiamo sborsare circa 250 euro e siamo costretti ad andare in quel posto infernale dove Yao ha trovato la morte».
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