L’ULTIMO CHECKPOINT
Nel distretto di Petrovsky, nella periferia ovest, l'ultimo checkpoint si trova poco distante dalla stazione degli autobus. La parte di quartiere che si trova oltre lo sbarramento militare è ormai quasi del tutto disabitata. I colpi di mortaio cadono tutti i giorni, la linea di combattimento è a soli pochi chilometri da qui. Dalle prime ore della sera fino al mattino, le strade si svuotano e le posizioni dei governativi incominciano a martellare la zona. Diverse granate arrivano spesso anche oltre il checkpoint. Poco distante si trova Marinka, un villaggio sotto il controllo delle truppe di Kiev. Questa è una guerra fatta di bunker e trincee, dove ci si confronta quotidianamente sfidandosi a colpi di mortaio e cecchini.
LA BATTAGLIA DI SPARTAK
Altro fronte è quello del villaggio di Spartak, poco distante dall’aeroporto. Le linee nemiche in questa zona sono tenute dal famigerato Battaglione di estrema destra Azov. La frontline di Spartak è una delle più calde. I colpi di mortaio cadono a distanza di pochi secondi l'uno dall'altro, interrotti saltuariamente dal crepitio delle mitragliatrici e da singoli secchi spari dei cecchini. Qui come in altre zone, è il battaglione Vostok che tiene duro in trincea. Nell'area non è difficile imbattersi in granate di mortaio inesplose e resti di missili Grad. Uno dei comandanti spiega che vengono anche utilizzati lanciarazzi BM-21 e colpi di mortaio superiori ai 100mm, in evidente violazione degli accordi di Minsk, che prevedono la rimozione di tutte le armi pesanti a quindici chilometri dietro la linea di contatto, da ogni parte della barricata, per creare una zona smilitarizzata di circa trenta chilometri. Violazioni che avvengono da ambo i lati.
L’ospedale “21” si trova nel sottodistretto di Oktyabrsky, a poco meno di un chilometro dall'aeroporto. Per arrivarci si deve passare davanti ad abitazioni popolari, diverse delle quali sono state pesantamente colpite. L'ospedale è fatiscente. Alcuni cani randagi stazionano all'entrata. La sala operatoria è all'ultimo piano. «Non so perché continuano a bombardare qui e a lanciare missili, non ci sono obiettivi militari». Se è vero che qui nel Donbass, più che nel resto dell'Ucraina non mancano riferimenti politici all'era sovietica come statue, manifesti e stelle rosse, si nota anche una forte aderenza al cristianesimo ortodosso e all’idea imperiale zarista. Il nastro di San Giorgio (vietato nel periodo sovietico) ad esempio, è il simbolo del legame con il vecchio impero dello Zar. Un simbolo che racchiude oggi il variegato mondo dell'estremismo nazionalista russo.
LE SVASTICHE
Nel magma di sigle e simboli che sostengono i separatisti spuntano anche rune e svastiche. Il battaglione “Rusich” ad esempio, formato da volontari nazisti provenienti dal nord Europa e dalla Russia. Hanno come simbolo il Kolovrat, la svastica solare. Il loro leader è il nazista russo Alexei Milchakov. Altre milizie di estrema destra presenti con le forze separatiste sono quelli provenienti dal battaglione Kornilov, i militanti del Russian National Unity, i francesi di “Unité Continentale” e poi anche diversi italiani, alcuni nei battaglioni di volontari cosacchi, localizzati nell’altra repubblica, a Lugansk.
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