Turchia, l’ambasciatore Sezgin: «In Europa troppo nervosismo. Pena di morte? Solo un’ipotesi»

Turchia, l’ambasciatore Sezgin: «In Europa troppo nervosismo. Pena di morte? Solo un’ipotesi»
di Roberto Romagnoli
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Venerdì 22 Luglio 2016, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 16:23
L’ambasciatore turco a Roma, Aydin Adnan Sezgin, la sera del tentato golpe ha avuto paura pur trovandosi a 1400 chilometri di distanza da Istanbul. «Paura per la nostra democrazia». 

Lei è convinto dell’estradizione dagli Usa di Gulen?
«Alcuni file già sono stati spediti in America. Seguiranno altri documenti con i quali proveremo le responsabilità di Gulen in merito al colpo di stato. Una volta che avranno studiato tutte le carte, e in base agli accordi sulle estradizione, gli Usa dovrebbero fare quello che ci aspettiamo».

Sorpreso dal tentativo di golpe?
«Sono rimasto molto stupito della violenza. Per la barbarità di chi lo ha messo in atto. Per l’approccio terrorista; sparare sui civili, sul Parlamento, sul palazzo presidenziale. E con che cosa? Con armi e velivoli militari comprati grazie alle tasse versate dal popolo. Mai ci era capitato di vivere un golpe o un tentativo così sanguinoso ma sarebbe meglio dire sanguinario».

Secondo il ministro Gentiloni la rezione di Erdogan è “inaccettabile”.
«Posso attribuire questo giudizio a una carenza di informazioni. Alla difficoltà di comprendere la vera entità della minaccia rappresentata dall’organizzazione di Gulen. La reazione è assolutamente commisurata al pericolo. Tutti coloro sospettati di avere un qualche vincolo con il “gulenismo” saranno giudicati dalla magistratura».

Tornerà la pena di morte?
«L’emozione di quanto accaduto ha scosso il Paese. Si torna a riparlare di pena di morte ma siamo solo nel campo delle ipotesi. Ne abbiamo appena cominciato a discutere. Agitarsi tanto, già adesso, intorno a questo punto lo considero prematuro. I Paesi europei dovrebbero stare più tranquilli, sono troppo ansiosi di reagire».

 

Permanenza nella Nato in bilico?
«Nessun dubbio che resteremo nella Nato».

L’Europa può sentirsi in qualche modo responsabile per quanto accaduto in Turchia?
«Lascio volentieri agli amici europei l’incarico di trarre conclusioni».

A Istanbul è stato esposto uno striscione che diceva: “Vi impiccheremo tutti”. Le è piaciuto?
«No, hanno esagerato».

Le famiglie degli impiegati sospesi resteranno senza stipendio?
«Sospesi non vuol dire perdere il salario».

Lei crede davvero che tutti quelli finiti nella rete del controgolpe siano terroristi?
«Non sono tutti terroristi ma sono sospettati di avere un qualche legame con il “gulenismo”. E la cifra dovrebbe stare a testimoniare la dimensione di questa organizzazione terroristica».

Scuole e università di Gulen sono quindi scuole per terroristi?
«Se qualcuno decide di coltivare pomodori da dare allo Stato islamico, come vogliamo considerarlo? Un semplice contadino o un fiancheggiatore? Ecco noi adesso dobbiamo capire chi è chi. Ma nessuno verrà condannato preventivamente».

Paesi stranieri dietro il golpe. Quali possono essere?
«Non posso dirlo».

L’Italia la escludiamo?
«Ovviamente».

Cosa dice a chi guarda alla Turchia con timore?
«Vorrei capire perché molti sembrano avere paura del mio Paese. Più che deluso mi sento triste per questo. Il nostro popolo ha sfidato le armi per salvaguardare la nostra democrazia e mi sembra che ben pochi lo abbiano notato».
Che ne pensa dei sospetti su un golpe studiato per poter ripulire più in fretta il Paese dai nemici di Erdogan?
«In tanti hanno ipotizzato di Erdogan quale manovratore occulto. In questo ci posso leggere solo un inconcepibile sentimento di odio verso la Turchia».

La memoria di Ataturk è ancora viva?
«Certo che è viva».
 

 
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