Terremoto, sindaci in campo contro i ritardi. Ma Cantone: «Dovete solo firmare gli atti»

Terremoto, sindaci in campo contro i ritardi. Ma Cantone: «Dovete solo firmare gli atti»
di Italo Carmignani
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Venerdì 27 Ottobre 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 13:26

dal nostro inviato
ARQUATA DEL TRONTO La voce arriva dal fondo della chiesa, forte e chiara: «A un anno dal nostro terremoto siamo ancora molto indietro». Imponente nella sua veste scura, parla Renato Boccardo arcivescovo di Spoleto-Norcia. E dietro a lui, s’alza subito il coro dei sindaci del cratere del sisma, quelli di Marche e Umbria. E più che un sasso, è una montagna a tuffarsi nello stagno di un immobilismo non sempre colpevole. Quello della sequenza tra il 26 e il 30 ottobre, quando i sismografi arrivarono alla punta del 6,5 della scala Richter, è il loro terremoto, quello dell’Umbria e delle Marche perché nel Lazio non c’era più niente da buttare giù. Tra Amatrice e Accumoli, tutto è accaduto prima, quando il calendario dell’agosto incrociava il 24 e nella notte si alzarono i lampi di 290 morti. 

STANCHI DI SPERARE
Con l’autorità di parole che ricorrono al Vangelo, Boccardo si rivolse alla macchina dell’emergenza, prima, e A quella della ricostruzione poi, ma non è il solo. Meno tono, ma stessa disperazione, i sindaci che dopo l’agosto di tragedia hanno conosciuto l’ottobre nero. Mai dimenticare che l’ultimo terremoto è il più vasto per chilometri quadrati mai consumato sotto queste montagne. Mai dimenticare le troppe promesse impossibili. Una risuona ancora beffarda: tutte le casette entro la primavere del 2017. E così, la voce di Boccardo trova la sua eco. Non ha neanche più voglia di lamentarsi, Aleandro Petrucci, battagliero sindaco di Arquata del Tronto, che da più di anno attendere di conoscere il destino dei suoi paesini. «Domani avremo una riunione, con la Regione, per decidere cosa fare di tredici borghi. In pratica c’è ancora da decidere cosa sarà dell’Arquata futura, come ricostruire e dove». La ricostruzione, da queste parti, è un concetto ardito. «Si stanno portando via le macerie, a fatica, ma per parlare di ricostruzione bisognerà ancora attendere mesi».

AMAREGGIATO
Il sindaco non nasconde l’amarezza: «Cosa non è andato? Un po’ tutto, ma se lo dico io va a finire che mi riprendono, che dicono che mi lamento sempre. Voglio quindi parafrasare quello che ha detto Matteo Renzi di recente: il privato batte il pubblico. E se lo dice lui, vuol dire che i ritardi ci sono». 

Tra macerie e demolizioni, a imprimere un passo ancora più lento alla ripresa, ci sono le questioni che riguardano i privati: «Vanno snellite le procedure - dice Petrucci - l’ho detto più volte. Io non posso rimanere bloccato perché servono consensi e autorizzazioni per ogni cosa. Qui il tempo passa. La consegna delle ultime 80/90 casette slitterà ancora di settimane: per noi attendere ancora un mese, vuol dire neve. Così facendo non se ne esce più». Il sindaco non vuole dare colpe: «Me le prenderei pure io, se questo servisse. Ma qui i ritardi si sono registrati su tutti i fronti. Sa qual è stato il problema vero? Che non si è agito subito, dopo il 24 agosto». 

Dei rallentamenti nelle procedure dei privati parla anche il sindaco di Montemonaco, Onorato Corbelli, che fornisce anche una sua lettura: «Io mi sono fatto un’idea, che non credo si discosti molto dalla realtà. Il problema principale, al di là delle note lentezze della burocrazia, è la conformità urbanistica che molti privati non hanno. Credo che oltre il 60 per cento di edifici inagibili hanno una finestra non dichiarata, qualche volume in più, insomma: negli anni qualche abuso è stato fatto e questo rende più difficile avviare le pratiche della ricostruzione. Qui c’è gente che tutti i giorni viene ad informarsi per sanare questo o quell’abuso: sia chiaro, quello che penso è che questo non sia soltanto un problema del mio Comune, ma che sia invece piuttosto diffuso anche altrove». 

LE DEROGHE
Parlano i sindaci, ma Raffaele Cantone, presidente dell’Anticorruzione, gela tutti. «Sono convinto che il problema dei ritardi nella ricostruzione non sia legato alla necessità di chissà quali deroghe chieste dai sindaci. La ricostruzione ha un impianto derogatorio fortissimo: dovremmo chiederci piuttosto come mai su 21 scuole che devono essere ricostruite sono partiti solo 2 cantieri. La soluzione? Più poteri ai presidenti delle Regioni». Indirettamente replica il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno: «Non mi interessa dare colpe all’Ufficio ricostruzione o ad altri - dice - ma ognuno deve fare la propria parte». Ma come l’isola, è una squadra che non c’è.

 

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