Donazioni beffa, i fondi raccolti con gli sms sono bloccati

Donazioni beffa, i fondi raccolti con gli sms sono bloccati
di Lorenzo De Cicco
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Venerdì 20 Gennaio 2017, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 21 Gennaio, 18:43

Messaggini «solidali», collette su Facebook che rimbalzano da una bacheca all’altra, iban di associazioni sconosciute ai più, tavolate con l’immancabile amatriciana (sempre rigorosamente «solidale»). Un fiume milionario di donazioni, che nessuno controlla. «Ho visto tante iniziative in televisione, ma qui non è arrivato nulla. Zero», ammette con rassegnazione il sindaco di Accumoli, Stefano Petrucci, uno dei centri più colpiti dalla scossa del 24 agosto. Da quella data, secondo le stime della “Fondazione italiana per il dono”, sono state attivate oltre 2mila raccolte fondi diverse, sparpagliate per tutto lo Stivale. Una giungla di questue e collette online, ufficiali e non, spesso animate dalle intenzioni migliori (a volte no), in cui è facile perdersi e quasi impossibile riuscire a stabilire con precisione che fine abbiano fatto, davvero, le offerte di chi ha spedito un sms o staccato un assegno dopo le scosse.

SOLDI MAI INVIATI
Capita per esempio che i soldi raccolti non siano mai stati inviati. Dopo il sisma del 24 agosto, il Club Alpino Italiano ha racimolato oltre 175mila euro. Quanti sono stati spediti ai comuni terremotati? Zero. «Aspettiamo che qualcuno ci dica dove dobbiamo inviarli», spiega al telefono il presidente dell’associazione, Vincenzo Torti. «Ne abbiamo anche stanziati altri come club». E dove sono? «Sempre lì, sul conto corrente».
«Di alimenti e bevande ne abbiamo ricevuti tantissimi, dopo le scosse, ma quanto ai fondi, poco, davvero poco...», dice Rosa Piermattei, sindaca di San Severino Marche. Certo, qualcosa è arrivato, soprattutto attraverso i canali ufficiali: la Provincia di Trento ha donato un’intera struttura per studenti universitari a Camerino. Ad Amatrice una catena di ristoratori giapponesi ha tirato fuori quasi un milione (860mila euro) per ristrutturare l’istituto alberghiero. «Qui ad Accumoli - dice ancora il sindaco - le uniche donazioni che abbiamo ricevuto sono quelle sul conto corrente del Comune, spesso da altre amministrazioni o da privati. Delle altre raccolte più mediatiche non abbiamo visto un centesimo». Ci sono poi i fondi raccolti ufficialmente dalla Protezione civile (oltre 10 milioni nella prima settimana dopo il 24 agosto), messi al sicuro su un conto presso la Tesoreria Centrale dello Stato e impiegati per la ricostruzione.
Ma tutto il resto, quel battage martellante che si anima dopo ogni scossa di una certa intensità, che direzione prende? Chi aiuta? Qualche raccolta è finita male. In Sicilia, dopo le scosse di fine agosto, venne denunciata una falsa raccolta di soldi, cibo e vestiti. Casi simili si sono registrati da L’Aquila a Santa Maria Capua Vetere.

FINTI PRODOTTI TIPICI
A Natale la Polizia postale ha scoperto l’ennesima truffa, sempre online: qualcuno spacciava per prodotti tipici dei luoghi terremotati, alimenti di tutt’altra origine e fattura. Se 2mila raccolte fondi sembrano un numero spropositato, basta pensare che nel 2003, dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia, il pm che indagò sui fondi mai arrivati ai genitori dei bambini contò fino a 30 mila siti attivati per le collette sul web.

NORME NON ATTUATE
Il problema è l’assenza di controlli e soprattutto di rendicontazione. In Inghilterra c’è la Uk Charity Commission, che vaglia l’operato di onlus e raccolte benefiche. Organismi simili controllano le donazioni anche in Germania e Francia; in Asia c’è la Japan Platform, che ha gestito tutta l’assistenza e la ricostruzione dopo lo tsunami del 2011.
E l’Italia? Provò a stilare una bozza di regolamento, nel 2011, l’Agenzia per il terzo settore, che sfornò le “Linee guida per le buone prassi e la raccolte dei fondi nei casi di emergenza umanitaria”. Come spiegò il coordinatore del documento, Edoardo Patriarca, l’obiettivo era fissare una serie di impegni che le organizzazioni no profit avrebbero dovuto assumere nei confronti di beneficiari e donatori. Impegni come la trasparenza, la rendicontazione, l’accessibilità a tutte le informazioni sugli interventi. Principi teorici, che non hanno mai trovato applicazione, anche perché l’Agenzia è stata smantellata nel 2012.

PENULTIMI NEL RANKING
Anche per questo, per l’assenza di verifiche, probabilmente l’Italia oggi si piazza al penultimo posto, tra i paesi europei, nella classifica sulla capacità «donativa» pro-capite, stilata dal Giving Institute di Chicago. «Non siamo i più tirchi o i più egoisti di tutti», spiega Stefano Zamagni, ex presidente dell’Agenzia per il terzo settore, oggi a capo della Fondazione per il dono. «Semplicemente, il nostro ordinamento scoraggia le donazioni in denaro, mentre abbiamo oltre 6 milioni di volontari che donano almeno cinque ore del loro tempo a settimana».

Il punto è che non ci sono controlli sulle offerte finanziarie e «in molti temono che i loro soldi non arrivino a destinazione». Manca la trasparenza. L’Agenzia delle Entrate esige dalle associazioni i giustificativi delle spese. «Ma servono controlli incrociati - continua Zamagni - Per esempio chi ha acquistato mille coperte dovrebbe anche dimostrare che quelle coperte siano andate a chi ne aveva bisogno. E invece questo non lo fa nessuno». 

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